Savigliano – Hanno provato a chiudere quello che per loro era forse uno spiacevole episodio offrendo mille euro, ma per i carabinieri che poco prima dell’una di notte del 19 luglio 2020 riuscirono ad entrare nell’appartamento di via Lamarmora dopo aver suonato per circa un quarto d’ora, si trattava di una violenza sessuale ai danni di una donna cinese e per questo i due cugini di origine indiana S.G. e S.S. di 22 e 28 anni sono stati rinviati a giudizio. A chiamare tempestivamente le Forze dell’Ordine era stata la barista del chiosco situato nella parco proprio nei pressi dell’entrata di quell’alloggio, “La donna aveva aperto e loro spinsero con forza la porta per entrare – ha riferito la testimone ai giudici -. Era spaventata, cercava di tenere una mano in mezzo alla porta per impedire che si chiudesse, con il labiale mi aveva chiesto aiuto. Io chiamai subito i Carabinieri e rimasi lì davanti in attesa che arrivassero”.
I militari, arrivati dopo pochi minuti, non avendo ottenuto risposta suonando il campanello, avevano cercato di forzare la porta, ma dopo 15 minuti la donna aveva aperto,”Era sotto choc per lo spavento – ha riferito in aula uno dei Carabinieri intervenuti sul posto – barcollava, aveva una mano tumefatta. I due uomini erano seduti sul letto, uno cercava di nascondere il viso con uno scaldacollo sollevato sopra il naso. Erano ubriachi. dissero di essere dispiaciuti e che potevano pagare mille euro per chiuderla lì”. Condotta in caserma e poi al pronto soccorso la donna raccontò che i due avevano suonato e volevano entrare insieme, ma lei rifiutò e disse che sarebbero potuti entrare uno alla volta. Loro acconsentirono, ma quando la donna aprì, si infilarono entrambi nel monolocale al piano terra affacciato direttamente sulla strada. L’arrivo dei Carabinieri e la resistenza opposta dalla donna, che nonostante fosse trattenuta per le braccia cercò di allontanarli a calci, impedì ai due di consumare la violenza. La posizione di S.S. è stata sospesa essendo l’imputato irreperibile, così come la parte offesa che nel frattempo è tornata in Cina, mentre S.G. è stato processato questa mattina, mercoledì 10 maggio, davanti al collegio dei giudici del Tribunale di Cuneo. A conclusione dell’istruttoria il pubblico ministero Alessia Rosati ha chiesto la condanna di S.G. ad 8 anni e 3 mesi di reclusione, “per una violenza sessuale di gruppo consumata e non solo tentata. Si sono presentati senza soldi, sapevano cosa volevano fare ad una donna che sapevano essere in una posizione di debolezza”. Un reato di violenza consumata messo in dubbio dall’avvocato Alberto Summa che a partire dalla ricostruzione dei tempi e dalla modalità con cui si svolsero i fatti quella sera, ha evidenziato come non fosse possibile parlare propriamente di reato consumato. Una tesi accolta dal collegio dei giudici che ha condannato S.G. a 4 anni e 3 mesi di reclusione. Condanna che in base alla riforma Cartabia potrebbe diventare immediatamente esecutiva, dal momento che l’imputato è al momento irreperibile e senza la sua espressa volontà l’avvocato non potrà appellare la sentenza.