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Venerdì 22 novembre 2024

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Il Made in Cuneo è un’eccellenza unica e da difendere in tutti i settori

Enrico Nada è il presidente provinciale di Coldiretti, 38 anni, vitivinicoltore di Treiso spiega come l’agricoltura è cambiata anche nella Granda ma rimane comparto strategico

La Guida - Il Made in Cuneo è un’eccellenza unica e da difendere in tutti i settori

Cuneo – Enrico Nada è il presidente provinciale di Coldiretti Cuneo. 38 anni, vitivinicoltore di Treiso, Nada è stato eletto a larghissima maggioranza lo scorso maggio dall’assemblea provinciale che si era riunita a Genola. 

Laureato in viticoltura ed enologia, guida l’azienda vitivinicola di famiglia “Nada Giuseppe” sulle colline di Treiso. Produce con metodo biologico due menzioni storiche del pregiato Barbaresco Docg, vino simbolo della zona, oltre a Barbera d’Alba Doc e Langhe Doc Nebbiolo. 

Dal 2015 al 2018 è stato membro dell’assemblea dell’Enoteca regionale del Barbaresco, dal giugno 2017 al settembre 2020 è stato membro del CdA dell’Albeisa, associazione a tutela della bottiglia omonima. 

Qual è lo stato di salute dell’agricoltura cuneese oggi?

Siccità, altalena dei prezzi, pratiche commerciali sleali, burocrazia, fauna selvatica, cibo sintetico: sono tante le minacce alla nostra agricoltura che, nonostante tutto, resiste e cresce. Nell’ultimo anno abbiamo dovuto fare i conti con le manovre speculative generate sui mercati dalla guerra e la situazione, a più di un anno dall’inizio del conflitto, resta difficile con scenari futuri di incertezza ma i nostri agricoltori, come sempre, danno prova di grande forza e dedizione alla terra. 

Dai progetti di filiera con le agroindustrie virtuose del territorio alla filiera corta che sviluppa un rapporto diretto tra produttori e consumatori, sono tante e variegate le esperienze imprenditoriali che consolidano le basi di una forte crescita per l’agricoltura Made in Cuneo, che oggi vale oltre 3 miliardi di euro. Un comparto strategico per l’economia provinciale, il più rappresentato fra le imprese attive nella Granda, capace di creare nuove opportunità di occupazione sul territorio: una certezza su cui investire, senza se e senza ma, anche incrementando le risorse messe a disposizione nell’ambito del Pnrr.

Il problema acqua e siccità è forse il più impellente e grave di oggi soprattutto sul nostro territorio, come uscirne?

La siccità è la cifra dominante del cambiamento climatico che sta intervenendo sul nostro territorio. È tempo che la politica prenda atto che la carenza d’acqua e la gestione delle risorse idriche riguardano una delle principali infrastrutture, quella irrigua, non meno importante delle infrastrutture stradali, ferroviarie, energetiche o scolastiche, perché senz’acqua non c’è cibo, non c’è vita. Non è dunque un problema confinato all’agricoltura, ma che riguarda tutti. Eppure oggi, al di là degli interventi apprezzabili di alcuni Consorzi irrigui, il sistema d’irrigazione della Granda è frammentato e inadeguato a fronteggiare le emergenze climatiche. Nell’interesse delle generazioni future, è indispensabile un riordino complessivo del sistema irriguo sotto il profilo sia strutturale che gestionale e dotare la nostra agricoltura di strumenti che la rendano resiliente ai cambiamenti climatici. La Coldiretti c’è e sta facendo la sua parte. In queste ultime settimane abbiamo incontrato i Presidenti di tutti i Consorzi irrigui di II grado sul territorio provinciale, abbiamo raccolto proposte, ascoltato esigenze e stilato un progetto in dieci punti per superare la crisi. Questa volta la politica non può voltarsi dall’altra parte.

Ambiente e agricoltura: una volta c’era chi pensava che non potessero andare d’accordo e le posizioni degli ambientalisti sono state spesso lontane con l’agricoltura. Ora le cose sono cambiate?

Negli ultimi anni agricoltori e ambientalisti, con intelligenza e lungimiranza, hanno saputo mettere da parte le divergenze e unire le forze per portare avanti battaglie condivise come la contrapposizione agli Ogm e l’azzeramento del consumo di suolo; una battaglia, quest’ultima, che ha visto protagonisti i giovani della Coldiretti con la mobilitazione contro i pannelli “mangia suolo” cui il Governo ha risposto l’anno scorso destinando un miliardo e mezzo di risorse Pnrr ai finanziamenti per l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di stalle e cascine. 

Ci tengo poi a ricordare che l’agricoltura è il più importante mitigatore degli effetti del cambiamento climatico, a presidio di montagne, boschi e colline, a tutela dell’assetto idrogeologico e a beneficio di un patrimonio naturale di grandissima valenza. Un ruolo da protagonista che si sposa con il primato nel biologico che la nostra agricoltura vanta a livello europeo garantendo alla Granda una crescita economica attenta all’ambiente.

La guerra contro l’Ucraina, nel cuore dell’Europa, ha portato conseguenze tragiche anche in agricoltura. Cosa state facendo e come state reagendo?

Arriviamo da un anno durissimo fatto di mercati in subbuglio, materie prime introvabili, prezzi alle stelle per energia, fertilizzanti e materie prime agricole. Ma la guerra ha anche confermato quanto la pandemia aveva fatto emergere: il ruolo strategico dell’agricoltura per la sicurezza nazionale. Ripartiamo da questa nuova consapevolezza, ripensiamo strategie e chiediamo strumenti comunitari e nazionali capaci di assicurare la sovranità alimentare come cardine della sicurezza. È prioritario sostenere i settori in crisi, puntare sulla crescita della produzione agricola sul nostro territorio, promuovere in maniera robusta la diffusione delle nuove tecnologie in agricoltura per risparmiare l’acqua e aumenta-re le rese. È indispensabile accelerare sulla realizzazione di una rete di piccoli invasi, che Coldiretti chiede da anni, oltre che sul depopolamento dei cinghiali, la cui proliferazione incontrollata genera danni economici incalcolabili alle imprese agricole e all’ambiente e minacce alla sicurezza di tutti i cittadini. Infine, si torni a puntare la bussola sul territorio costruendo sinergie tra chi produce, chi tra-sforma e chi vende. Solo così ridurremo la dipendenza di prodotti agricoli dall’estero e ci svincoleremo dall’instabilità dei mercati internazionali.

Lei arriva da un’azienda vitivinicola, che cosa può insegnare il mondo vitivinicolo al resto dell’agricoltura?

Premetto che anche nel settore vitivinicolo non tutte le varietà di uva e le tipologie di vino godono della stessa fama delle denominazioni più celebri e ricercate sui mercati di tutto il mondo e anche in questo settore quindi è necessario promuovere e difendere le produzioni che ancora non danno la giusta remunerazione ai produttori. Certamente la provincia di Cuneo grazie a Barolo, Barbaresco, Langhe, Roero, Moscato ed Alta Langa rappresenta una delle migliori zone vitivinicole a livello globale. 

Questo settore e il successo di cui gode, dovuto alla lungimiranza delle ultime generazioni di produttori, può insegnare molto al resto dell’agricoltura. Anche il vino ha vissuto una profonda crisi a fine anni Ottanta, ma da quei momenti difficili si è saputo apprendere che la collaborazione, la dedizione e la tenacia nella ricerca e difesa della qualità attraverso regole e disciplinari sono stati vincenti. Le denominazioni più prestigiose hanno infatti un legame indissolubile con il territorio da cui provengono (menzioni geografiche aggiuntive o singoli vigneti) e gli incrementi di superficie vengono gestiti con estrema cautela ed in minime percentuali rispetto alla produzione corrente. 

Tutto questo è seguito da un’imponente opera di promozione attuata da ogni singolo produttore che va alla conquista dei mercati internazionali proponendo i propri vini a clienti raffinati, raccontando lo stile e le origini della propria azienda, le tradizioni della famiglia e lo straordinario territorio di origine. Da questo si vince come la limitazione della quantità della produzione, l’inattaccabile qualità, l’origine delimitata e la presenza di regole produttive chiare ed efficaci rappresentino la chiave del successo. Ma non mancano le insidie. Le politiche europee che vogliono il vino pericoloso per la salute e la burocrazia semplicemente folle rappresentano una grande sfida. Ma la più preoccupante è certamente il clima che sta mettendo a dura prova la resistenza dei vigneti e che ci impone di rivedere le tecniche colturali per garantire prima di tutto la qualità delle produzioni.

L’agricoltura cuneese è ancora un’eccellenza? E come fare per difenderla?

Certo che sì. Il valore delle produzioni Made in Cuneo, dalla carne al latte, dal vino all’ortofrutta, dai formaggi ai salumi, dai cereali alle nocciole, non è in discussione, eppure ogni giorno ci troviamo a lottare contro tentativi di penalizzazione e omologazione che arrivano da più parti. 

Mentre le grandi multinazionali investono su “carne” artificiale e “latte” finto, creati in laboratorio, da Bruxelles piovono proposte di inserire indicazioni fuorvianti o allarmi sulle etichette di cibi e vini, lesivi delle nostre produzioni di eccellenza. Senza dimenticare le speculazioni lungo le filiere agroalimentari che danneggiano agricoltori e allevatori. Al fianco dei nostri soci, la Coldiretti è al lavoro per un sistema in grado di offrire prezzi più giusti ai produttori, filiere legate al territorio, valorizzazione delle produzioni locali, meno burocrazia e più competitività. E continueremo a dare battaglia, sui tavoli istituzionali come nelle piazze, perché quello del cibo sintetico è un futuro da cui non ci faremo mangiare!

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