Caraglio – Avevano preso in affitto degli escavatori presso due diverse ditte di noleggio a Caraglio e Borgo San Dalmazzo senza pagare l’affitto e, cosa più grave considerato il valore dei macchinari, senza più restituirli. I fatti per cui sono stati rinviati a giudizio per appropriazione indebita C. C. e E. J. risalgono a gennaio e febbraio 2019, quando si presentarono presso le due ditte per noleggiare i macchinari che avrebbero dovuto essere utilizzati in un cantiere in Francia.
Entrambe le parti offese, costituite parti civili al processo, conoscevano bene C. C. per aver più volte noleggiato a lui e a suo padre dell’attrezzatura e proprio in virtù di questa antica conoscenza velocizzarono le pratiche del noleggio quando C. C. presentò loro l’impresario edile che aveva bisogno di escavatori, benne e martelli demolitori per un cantiere in Francia che sarebbe durato circa due settimane. “Conoscevo da tempo C. C. mentre l’altra persona l’ho vista per i pochi minuti necessari alla firma del contratto – aveva riferito in aula una delle parti offese -; l’affitto ammontava a 160 euro circa mentre l’attrezzatura valeva 30.000 euro”.
Alla ditta di Caraglio venne consegnato come caparra un assegno che però risultò non incassabile e da quell’indizio partirono le indagini che portarono all’individuazione di E. J., di nazionalità albanese, come complice di C. C. Quando però l’avvocato lo chiamò per contestare la nullità dell’assegno e chiedere il pagamento di quanto dovuto, l’uomo fece subito denuncia di smarrimento dell’assegno rigettando ogni accusa di complicità: “Nel cruscotto del furgone conservo assegni e documenti della mia ditta – aveva ribadito in aula l’uomo – e dato che spesso presto il mio furgone a amici e colleghi può darsi che in una di queste occasioni sia stato rubato quell’assegno”.
Una tesi difensiva contestata dall’accusa che riteneva poco credibile il fatto che da quel blocchetto di assegni ne fosse stato rubato solamente uno e che per questo aveva chiesto la condanna per entrambi gli imputati a due anni e due mesi di reclusione. Un’accusa rigettata invece dalla difesa di E. J. che aveva sottolineato il fatto che nessuno dei testimoni era stato in grado di riconoscerlo né durante le indagini né in tribunale nel corso del processo.
Un dato di fatto di cui ha tenuto conto il giudice che ha deciso di condannare C. C. a un anno e nove mesi di reclusione per i due fatti, con revoca della sospensione condizionale e risarcimento da stabilire in sede civile, mentre ha assolto E. J. dalle due accuse per insussistenza del fatto nel caso della ditta di Borgo San Dalmazzo, poiché in quella circostanza nessuno lo aveva riconosciuto con certezza, e per non aver commesso il fatto per l’episodio di Caraglio poiché non era stato dimostrato che fosse effettivamente lui ad aver consegnato quell’assegno.