“Ci si immagina come in un’aula di tribunale, dove il penitente è messo alla sbarra e il sacerdote al posto del giudice pronto a emettere una condanna”. È un’immagine che restituisce come oggi viene percepito il sacramento della penitenza, più sbrigativamente detto confessione. Ogni sforzo di sintesi verbale sacrifica qualche sfumatura nella comprensione del concetto che comunica. In questo caso la confessione sottolinea esclusivamente il lato umano, per cui l’uomo stesso si sente umiliato nell’approcciarsi al sacramento. Ciò conduce a un rifiuto cogliendo, inconsapevolmente, la violazione del proprio orgoglio personale, sostenuto da una cultura che invece tende a enfatizzare la dimensione individuale.
È proprio per smentire questo indirizzo che Carlo Cravero elabora un’ampia riflessione sul tema. L’intento è sottolineare in primo luogo l’atteggiamento di Dio che si qualifica come misericordia e accoglienza. Di qui la scelta di tralasciare per lo più la dicitura “sacramento della penitenza” a favore invece di “sacramento della riconciliazione”. Sfumatura linguistica non da poco se così si assume la disposizione all’accoglienza da parte di Dio come elemento fondante della riconciliazione stessa.
Il problema del linguaggio, quindi della comprensione che ne deriva, fa da sfondo alla riflessione. La terminologia giuridica che permea la comunicazione del sacramento e ragiona in termini di colpa ed espiazione, di sentenza e condanna, non aiuta infatti a leggerlo nella sua giusta dimensione. Il pensiero comune è ricondotto a un Dio che si manifesta come giudice a cui rendere conto piuttosto che al suo agire gratuito con cui viene incontro alla fragilità dell’uomo. L’idea di colpa va letta appunto come esperienza della fragilità connaturata all’umana natura.
Un orientamento simile non esclude la responsabilità dell’uomo soprattutto nel superare il “vissuto emozionale” del senso di colpa per rendersi consapevole della necessità di riconciliazione. Il sacramento assume cioè una dimensione dialogica in cui, se l’azione fondante è quella del Padre, rimane indispensabile l’atteggiamento di umiltà dell’uomo. In quest’ottica l’autore, si confronta con la cultura contemporanea. Per un verso c’è la rilettura delle formule dell’assoluzione adottate dalla Chiesa, per l’altro c’è il confronto con la psicoterapia, ambito che rischia di confondersi con l’esperienza della riconciliazione proposta dal sacramento.
Il Sacramento della Riconciliazione
Andrea Avellino
Eden
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