Cuneo – Continua a essere alto l’allarme siccità sulla Granda e sul Piemonte meridionale: la nostra regione è stata indicata come “la più arida in Europa”, secondo quanto certificato in queste settimane dall’Organizzazione meteorologica mondiale.
Le precipitazioni recenti hanno spento solo in minima parte la grande sete della nostra provincia, alle prese con una siccità senza precedenti che dura praticamente da 500 giorni. E davvero l’estate fa paura, per la tenuta delle produzioni agroalimentari.
La situazione dei corsi d’acqua in questo primo trimestre dell’anno è tragicamente preoccupante, con minimi mai toccati dal Po e dagli altri fiumi e torrenti da quanto ci sono le rilevazioni sulle portate.
E se le carenze sono evidenti sul fronte idropotabile, con la distribuzione tramite autobotti da parte dell’Azienda cuneese dell’acqua e con gli appelli a evitare ogni spreco, il quadro si fa ancora più cupo se si guarda alla prossima stagione dal punto di vista irriguo. L’auspicio del mondo agricolo è per una primavera molto piovosa; secondo alcune stime, per contrastare il deficit idrico che si è creato tra fine 2021 e inizio 2023 servirebbero due mesi di pioggia continuativa e regolare.
Negli allarmi lanciati a più riprese dalle organizzazioni professionali agricole, dopo i forti cali nelle rese agricole lo scorso anno, viene richiamata l’importanza di interventi strutturali per contrastare la crisi idrica, a partire da invasi, anche medi o piccoli.
Anche nell’incontro del 9 marzo dedicato a “Strategia Cuneo. Una pianificazione territoriale condivisa per la provincia”, per la cabina di regia Fondazione Cr Cuneo, Provincia e Camera di commercio, il tema acqua è stato evidenziato come centrale per la programmazione dello sviluppo territoriale, per la destinazione delle risorse europee che possono essere rivolte alle imprese, a partire da quelle agricole con le loro esigenze irrigue, insieme con le realtà che sul territorio si occupano dei servizi idrici e delle reti acquedottistiche.
A questo proposito, all’Acda (Azienda cuneese dell’acqua) servirebbero centinaia di milioni di euro per rifare tutte le linee di distribuzione dell’acqua potabile e azzerare così le forti perdite sulla rete.
Tra le ricadute della siccità in agricoltura, con l’attuale scarsa disponibilità di acqua superficiale e col pesante calo delle falde sono a rischio colture indicate da sempre “idrovore” come riso e soprattutto, per la Granda, mais. Tanto più che negli ultimi dieci anni in provincia di Cuneo le superfici coltivate a mais già sono diminuite di un terzo.
Tutto ciò nonostante sia fondamentale il ruolo di questa coltura per rendere possibile la zootecnia (e quindi per la produzione di carne e latte, con le relative eccellenze agroalimentari, dai formaggi Dop e alla carne della razza bovina Piemontese). E anche le risorse pubbliche stanziate per compensare i cali produttivi, in seguito alla dichiarazione dello stato di calamità per l’estate scorsa, sembrano del tutto insufficienti.
In materia di risorse, tra le priorità del nuovo Psr (Piano di sviluppo rurale) per il periodo 2023-2027 presentato nei giorni scorsi, con dotazione finanziaria di oltre 750 milioni di euro, Coldiretti ha chiesto alla Regione “un cambio di rotta che punti alla semplificazione e al proficuo investimento su giovani, acqua, montagna e foreste”.
“Sarebbe stata necessaria – fa notare Coldiretti – una maggiore integrazione tra agricoltura, montagna e foreste con lo scopo di definire una progettualità più ampia in relazione ad aree di intervento aventi una rilevanza trasversale, come dimostra la crisi idrica che stiamo vivendo. La condizione di criticità che si prospetta avrebbe dovuto vedere un impegno diretto anche degli altri assessorati. Chiediamo che una quota significativa di risorse venga riservata per sviluppare, a livello territoriale, progetti riguardanti le infrastrutture idriche, dando priorità a garantire l’acqua potabile, quella per l’agricoltura e, in subordine, quella per la produzione di energia idroelettrica”.