Cuneo – La sera del 25 novembre 2018 passando in corso Nizza all’altezza del bar Edelweiss un uomo vide una donna accovacciata a terra vicino al finestrino di un’auto; la donna straniera era molto spaventata e disse subito che due persone la tenevano prigioniera obbligandola a prostituirsi. Accompagnata in Questura la donna raccontò di trovarsi in Italia da una settimana e di essere ospite da un’amica; era arrivata con la prospettiva di un lavoro come badante, ma subito aveva capito che la sua amica si prostituiva e che lo avrebbe dovuto fare anche lei. Nell’appartamento di via Coppino, l’amica M. F. viveva con il compagno N. D., che non mancò di minacciare la nuova arrivata con un machete, di fronte al suo tentativo di rifiuto, strattonandola violentemente per il braccio dove rimase il segno di un’ecchimosi refertato in ospedale. I due sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione; N. D. anche per lesioni. Alla donna vennero scattate foto per l’inserzione su un sito; venne inizialmente obbligata ad assistere agli incontri che la sua amica aveva con i propri clienti per “imparare il mestiere” (racconto confermato da uno dei clienti che riferì di essere andato all’appuntamento con F. M. e che ci trovò anche un’altra ragazza che assistette al suo incontro partecipando per un po’ e che per questo lui pagò 140 euro). La donna raccontò anche che i due l’avrebbero controllata per tutto il tempo che era rimasta nella casa, monitorando anche le poche chiamate che era riuscita a fare con la sorella che si trovava in Romania. Approfittando della presenza di un cliente la sera del 25 novembre la donna riuscì a fuggire e successivamente alla denuncia fu collocata in una struttura protetta dove ricevette anche sostegno psicologico. Secondo la difesa dei due invece la donna, che aveva una relazione omosessuale con l’amica, sarebbe venuta in Italia proprio con la prospettiva di prostituirsi per guadagnare un po’ di soldi e che si sarebbe arrabbiata moltissimo quando scoprì che l’amica aveva anche un’altra relazione sentimentale. La sua denuncia sarebbe stata quindi una sorta di vendetta che niente aveva a che fare con lo sfruttamento della prostituzione. Secondo i giudici del collegio a cui l’accusa aveva avanzato una richiesta di condanna per entrambi gli imputati a quattro anni e tre mesi di reclusione, i due si erano però resi responsabili dei reati di induzione e favoreggiamento, ma non del reato di prostituzione e per questo, concesse le attenuanti generiche, sono stati condannati alla pena di due anni e un mese di reclusione e 1.050 euro di multa.