San Sebastiano, secondo la Legenda aurea morto sotto Diocleziano con una spada piantata in gola dopo essere sopravvissuto in modo del tutto inatteso al nugolo di frecce da cui era stato trapassato, è stato celebrato dalla liturgia cristiana con una festa che l’ha visto a lungo abbinato con un altro martire: San Fabiano. La ragione per cui il loro culto, fin dai più antichi martirologi,
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Abbonati quiIn realtà la Legenda aurea, pur dedicando alla figura di San Fabiano un breve capitolo nel corpus del volume ed alcune righe in quella che è l’appendice ad esso, non fornisce a suo riguardo molte notizie. Innanzitutto nulla dice di chi fosse prima di diventare papa, limitandosi invece a sottolineare che “Fabiano fu cittadino romano”. Un’indicazione piuttosto generica, che sembra non tenere conto nemmeno della testimonianza del padre della chiesa Eusebio di Cesarea che, nella sua Storia ecclesiastica, lo identifica con un contadino che solo per caso si trovava a Roma durante la morte del papa di cui avrebbe preso il posto. E tuttavia, forse proprio per l’assunzione da parte dei pittori del testo di Jacopo da Varagine come sintetico stimolo alla loro creatività artistica, il suo essere cittadino romano, anche in un’area cuneese in cui la dimensione rurale era certamente centrale, potrebbe essere prevalso sulla sua identificazione con un contadino. E questo spiegherebbe perché la figura del misterioso santo inserito nella seconda metà del XV secolo da Giovanni Baleison nell’affresco absidale della cappella dei santi Sebastiano e Fabiano a Marmora (Fig. 1) – alla destra della Vergine col Bambino e in una posizione simmetrica a San Costanzo – venga identificato da diversi storici dell’arte proprio con San Fabiano. Se infatti per un verso sarebbe strana l’assenza dagli affreschi di uno dei due santi cui la Chiesa è dedicata, per l’altro non è affatto da escludere che in questa figura indicata come martire dalla palma stretta nella mano sinistra, pur con tutte le cautele del caso, possa essere riconosciuto San Fabiano.
A prescindere tuttavia dalla identificazione con San Fabiano della figura di martire della succitata cappella di Marmora, l’iconografia più comune inerente questo successore della cattedra di Pietro nei primi secoli della storia della chiesa lo rappresenta evidentemente nella sua identità di papa. Ed è in questi abiti, sia pure ancora essenziali e piuttosto austeri, che lo si può riconoscere in una delle figure dell’affresco di inizio Cinquecento inserito nella decorazione della chiesa di San Peyre a Marmora (Fig. 2). San Fabiano, in questo affresco che vede al suo centro San Rocco intento a mostrare su una gamba una delle piaghe lasciategli sul corpo dalla peste, è collocato alla sinistra di questo santo veneratissimo in terra cuneese e in una posizione simmetrica a quella di San Sebastiano. Quest’ultimo cioè, in questo caso tradizionalmente rappresentato legato ad una colonna e trapassato da un nugolo di frecce, viene così abbinato – fatto per nulla inconsueto – a San Fabiano: come lui e prima di lui, protagonista di un glorioso martirio. Gli abiti piuttosto sobri di San Fabiano potrebbero qui volere richiamare il momento immediatamente successivo alla sua elezione a papa, momento sul quale la Legenda aurea insiste, accentuandone però un aspetto miracolistico qui cancellato dall’austerità della figura del pontefice: “essendo morto il papa, il popolo si era riunito per eleggerne un altro; e con gli altri era venuto anche Fabiano, per sapere l’esito dell’elezione. Ed ecco che una candida colomba, scese sul suo capo: e tutti, pieni di stupore, lo elessero papa”.
San Fabiano assume finalmente le vesti papali, con tutta l’autorevolezza che esse imprimono potentemente alla sua figura, nell’affresco – ancora una volta attribuito a Giovanni Baleison – che lo vede rappresentato nell’abside della chiesa di San Sebastiano a Celle Macra (Fig. 3). Sul fatto che in questo caso si tratti proprio di Fabiano non ci sono più dubbi: ad attestarlo è infatti l’iscrizione che, dipinta alle sue spalle, lega il suo nome alla sua immagine. Questo dipinto rimarca innanzitutto la stretta connessione tra San Fabiano e San Sebastiano, visto che la figura del primo viene posta alla destra di un grande affresco nel quale ad essere rappresentato è proprio il martirio del secondo. Questa collocazione inoltre, pur senza marginalizzare la figura di San Fabiano, ne stabilisce tuttavia, rispetto a San Sebastiano, una sorta di subalternità: se cioè la figura quest’ultimo, sul piano della devozione popolare di queste terre, assume un ruolo di primo piano, quella di San Fabiano sembra funzionale a quella del santo trafitto dalle frecce, al quale il papa appare inscindibilmente legato dalla festa che con lui da secoli condivide. Ciò non toglie che il dipinto di Celle Macra non rappresenti con grande efficacia San Fabiano: la sua veste d’oro sovrastata da un manto rosso dai bordi verdi, la ferula che egli tiene con la mano sinistra e soprattutto l’imponente tiara che porta in capo sembrano riuscire a trasmettere con estrema efficacia l’autorità della Chiesa così come essa era recepita nei secoli del medioevo. E che viene in qualche modo enfatizzata dalla severità del volto barbato del papa martire e dall’aureola che ne afferma perentoriamente la Santità.
Del resto il rigore, insieme a una notevole capacità organizzativa, dovette essere il tratto portante del modo in cui San Fabiano declinò il suo compito di guidare la chiesa di Roma e di svolgere il ministero di Pietro, dandogli una forma – pur in linea con quel contesto storico – maggiormente universale: se per un verso infatti “egli (…) impedì all’imperatore Filippo di intervenire alle vigilie di pasqua e di partecipare ai misteri finché non avesse confessato i suoi peccati e fosse posto tra i penitenti”, per l’altro “mandò (…) in ogni nazione sette diaconi, e a questi affidò sette suddiaconi, che raccogliessero le gesta dei martiri”. E sono proprio questo rigore e questa capacità di visione, ormai confortati dall’età avanzata, quelli che si scorgono nel volto di San Fabiano dipinto nell’affresco quattrocentesco della chiesa di Santa Maria del Castello a Manta (Fig. 4). Anche in questo caso il legame tra San Fabiano e San Sebastiano risulta evidente: non solo infatti la figura di San Fabiano è inserita in una chiesa nella quale trovano posto due immagini di San Sebastiano, ma anche la figura del papa martire viene collocata per un verso alla sinistra di una raffigurazione del supplizio inflitto al santo con cui condivide la festa, mentre per l’altro lo vede ulteriormente rappresentato, insieme a Sant’Antonio, nella stessa scena di cui è parte. Un doppio raccordo che sembra richiamare il destino condiviso da San Sebastiano con San Fabiano, anche qui rappresentato in sontuosi abiti papali: egli infatti “nel tredicesimo anno del suo pontificato, per ordine di Decio, fu decapitato e coronato nel martirio”. Quello che lo avrebbe legato per sempre proprio a San Sebastiano che, quarant’anni dopo, avrebbe subito la stessa sorte.
(XVIII – continua)[/contenuto_in_abbonamento