Il primo romanzo, scritto nel 1947, era rimasto finora inedito fuori dal Portogallo. A cent’anni dalla nascita di uno dei più grandi autori del Novecento, viene pubblicato con il titolo che gli aveva dato Saramago stesso, “La vedova”. E non delude perché nelle pagine si scorge tutto il genio dello scrittore, la sua arte di scovare gli stati d’animo dell’umanità, le sue ossessioni, le domande che non hanno risposta pur di fronte a una prosa diversa da quella a cui siamo abituati nei suoi libri, quella punteggiatura ribelle, quei periodi molto lunghi con l’assenza di segni d’interpunzione o di domanda.
Maria Leonor, madre di due figli, rimane vedova, ma ha una tenuta immensa da amministrare in Alentejo, con servitori da controllare e figli da crescere. E non ce la fa, cade in depressione riuscendo a riprendersi, non del tutto, solo con estrema fatica. Complice è Benedita, la sua serva personale, zitella, che la conosce fin da ragazza, ma che è un personaggio geloso, malpensante, ossessionato dalle azioni di Maria che devono essere controllate e giudicate. Le uniche sue consolazioni sono le chiacchierate con il dottor Viegas e con il parroco, Padre Cristiano. Ma c’è anche un’altra figura maschile nella storia ed il fratello del marito defunto, António, a cui Maria si aggrappa ma sul cui rapporto si accanisce con violenza la domestica. Una storia umana troppo umana raccontata con quella capacità unica di Saramago di descrivere le emozioni e la complessità della mente umana, le contraddizioni dei comportamenti, la fragilità di una donna tormentata dai vivi e dai morti e anche una certa pietà.
La vedova
di José Saramago
Feltrinelli
20 euro