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Venerdì 22 novembre 2024

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Resistenza a pubblico ufficiale, condannato a quattro mesi

Si è concluso con una condanna la vicenda del 33enne bovesano che in preda ai fumi dell'alcool minacciò i Carabinieri

La Guida - Resistenza a pubblico ufficiale, condannato a quattro mesi

Boves – Si è concluso con la condanna a quattro mesi di reclusione, con pena sospesa, la vicenda giudiziaria di M. S., 33enne bovesano che la notte dell’11 novembre 2020, in preda a una profonda sbornia, dopo aver preso a pugni il vetro della porta di casa della suocera manifestò un atteggiamento aggressivo e minaccioso anche nei confronti dei Carabinieri intervenuti sul posto. In preda ai fumi dell’alcol e a torso nudo, l’uomo si avvicinò all’auto dei militari manifestando da subito il suo intento: “Scendete e prendetemi a schiaffi, facciamo subito a botte così posso ammazzarvi, vi taglio la gola”, disse sia ai militari della pattuglia sia ai sanitari del 118 arrivati poco dopo. “Si avvicinò a noi a pochi centimetri dal naso, teneva le mani dietro la schiena ma temevo che mi avrebbe dato una testata”, aveva riferito uno dei Carabinieri intervenuti. Ci volle un po’ di tempo prima che la sbornia esaurisse il suo effetto e l’uomo tornasse a ragionare, tanto da consegnare spontaneamente i documenti per l’identificazione, chiedendo scusa a tutti. Scuse che l’uomo, imputato di resistenza a pubblico ufficiale, ha ribadito anche in aula di fronte al giudice, spiegando che era un periodo di forte tensione a causa delle condizioni di salute della figlia e perché a causa del Covid aveva perso il lavoro: “Non era mia intenzione essere violento con i Carabinieri, era solo uno sfogo”. Nelle sue conclusioni il pubblico ministero, rilevando la condotta minacciosa dell’uomo e tenendo in considerazione al tempo stesso il parziale vizio di mente dell’imputato entrato in cura poco dopo, ne ha chiesto la condanna a tre mesi di reclusione; richiesta contestata dalla difesa che, sottolineando la condotta provocatoria ma mai effettivamente minacciosa dovuta a un contesto familiare poco felice, ha quindi concluso per l’assoluzione del proprio assistito. Il giudice lo ha comunque condannato alla pena di quattro mesi di reclusione.

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