Vinadio – Nel corso di un’ispezione sull’antisofisticazione di alimenti del settembre 2021 la Guardia di Finanza trovò, all’interno della loro azienda di produzione di miele, la testa di uno stambecco conservata in una cella frigorifera. Per questo padre e figlio, D. G. T. e D. G. G., produttori di miele e cacciatori nel tempo libero, sono stati rinviati a giudizio in base alla legge del 1992 che proibisce l’abbattimento, la cattura e la detenzione di specie protette quali orso, camoscio, muflone e, appunto, stambecco. A terra nella cella c’erano tracce di sangue e su un ripiano la testa dello stambecco con corna di considerevole grandezza. La prova del reato stava nel cellulare del ragazzo, che si era fatto ritrarre con lo stambecco infilato in uno zaino da cui spuntava la testa. Il giovane dichiarò di aver trovato l’animale già morto durante una battuta di caccia e di averlo solo raccolto, mentre per l’accusa la presenza di sangue in terra nella cella frigorifera era la prova che l’animale fosse stato ucciso poco prima di essere messo nel frigorifero.
Per questo l’accusa ha chiesto la condanna dei due imputati a due mesi di arresto e 2.000 euro di multa. La difesa dal canto suo ha ribadito quanto dichiarato da padre e figlio, e cioè che l’animale fosse già morto quando fu trovato nei boschi e che la prova era proprio nella foto scattata al figlio in cui si vedeva la pupilla opaca dell’animale, mentre le tracce ematiche trovate nella cella frigorifera non furono analizzate e avrebbero potuto essere di qualsiasi altro animale. Inoltre la difesa ha sottolineato la totale estraneità del padre al fatto in quanto nel giorno in cui fu scattata la foto si trovava fuori provincia per lavoro; l’unica violazione, nel caso, sarebbe stata quella relativa alla conservazione dei trofei di caccia che richiedeva una procedura articolata, motivo per cui sarebbe stato proprio il padre a sconsigliare il figlio di conservare la testa dell’animale, ma che rientrerebbe nelle violazioni amministrative. Il giudice ha però accolto la richiesta del pubblico ministero contenendo la pena nei due mesi di arresto e 500 euro di multa.