Cuneo – Il Tribunale di Bologna, con una sentenza storica, ha dato torto alla Questura e alla Prefettura di Parma imponendo agli enti pubblici il rilascio, entro venti giorni, di un permesso di soggiorno per richiesta asilo e l’accesso all’accoglienza per i migranti a cui erano stati negati i diritti fondamentali. La sentenza è chiara nel dire che è “illegittimo ogni comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione diretto a ritardare/impedire la formalizzazione dell’istanza di protezione”, nell’obbligare l’ente pubblico “alla formalizzazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per richiesta asilo, con conseguente rilascio di un permesso provvisorio entro il termine di 20 giorni” e a garantire il diritto “ad accedere all’accoglienza per richiedenti asilo, entro il termine di 20 giorni “.
Un verdetto storico, tra i primi in Italia, che potrebbe risolvere la difficile situazione in cui si trovano molti stranieri che, arrivati a Cuneo, come in diverse altre città italiane, non riescono, nonostante abbiamo diritto, a formalizzazione della domanda di protezione internazionale e ad accedere all’accoglienza.
Il Decreto Legislativo 142 del 2015 (il cosiddetto Decreto Accoglienza) all’art. 1 dispone infatti che “Le misure di accoglienza si applicano dal momento della manifestazione della volontà di richiedere la protezione internazionale”, quindi, qualunque sia la modalità e il percorso di arrivo, la persona richiedente asilo ha lo stesso diritto all’accoglienza immediata. Un diritto che però purtroppo non sempre si concretizza. Quello che succede in realtà è che spesso i richiedenti asilo si trovano di fronte all’impossibilità o alla difficoltà di accedere alla procedura o a tempi di attesa impossibili per accedere al sistema. Al momento della formalizzazione della domanda viene infatti loro richiesto di compilare un modulo, il “famoso” C3, dicendo che non si può fare la domanda se non si ha un domicilio, quando in realtà il domicilio della persona richiedente asilo che chiede accoglienza è quello della struttura dove la persona dovrebbe essere collocata obbligatoriamente dall’amministrazione. Un inghippo del sistema che ha come conseguenza quella di lasciare le persone per strada, senza possibilità di lavorare o di accedere ai servizi sociali e sanitari, totalmente a carico dell’assistenzialismo.