Il titolo e la foto di copertina non lasciano incertezze sull’argomento di questo piccolo libro, curato da Vittorio Vola, che raccoglie il diario e alcune lettere di due alpini, Antonio Fantino e Giovanni Vola, internati per due anni in un campo di concentramento ad Amburgo. A guardare il percorso di entrambi sembra di assistere a un gioco amaro del destino, lo stesso vissuto da decine di altri compaesani nella prima metà del Novecento. Ambedue vengono dalla stessa zona: Roaschia e la vicina valle di Brignola. Con età diverse, forse non si conoscevano neanche. Dopo alterne vicende l’uno finisce in Russia, l’altro sul fronte francese. I loro cammini si sfiorano appena in Trentino quando li coglie l’8 settembre e finiscono nel campo nei pressi di Amburgo.
Il diario di Antonio parte dal 1939: la chiamata alle armi. Un anno dopo la partenza per l’Albania e poco dopo la prima esperienza di guerra. Il ritorno vicino a casa gli permette anche qualche “fuga” pagata con giorni di punizione. Poi arriva l’esperienza drammatica della Russia, il ritorno e la prigionia nel campo di Amburgo. Sono sempre annotazioni veloci, piccoli avvenimenti quotidiani in cui è facile leggere la fragilità della persona. Raramente emergono riflessioni: in quei momenti l’urgenza era sopravvivere, strappare giorno per giorno il proprio destino. I piccoli gesti sono registrati con cura: sono segni di una vita che continua nonostante le difficoltà. Sentimenti, emozioni sembrano attendere ai margini, raramente visibili, nascosti tra le righe del diario. Di tenore non diverso sono le lettere che Giovanni Vola scrive ai familiari. In questo caso è un puzzle temporale che consente di seguire i suoi spostamenti. Gli scritti, come le risposte che riceve, sono intessuti di affetto, di rassicurazioni. Pesa su tutto la lontananza. È uno sguardo che non dimentica gli altri compagni che arrivano dalla Valle Gesso: aiuta a mantenere delle relazioni.
Eravamo come ombre
di Vittorio Vola
libro autopubblicato
10 euro