Caraglio – Prosegue al tribunale di Cuneo il processo per truffa in cui sono imputati il presidente della cooperativa Valentina P. L. G. e due amministratrici R. R. e C. S., accusati di aver fatturato all’Asl Cn1 e al Consorzio socioassistenziale del cuneese più ore di quante effettivamente erogate agli ospiti della struttura residenziale per disabili di Caraglio, per un importo non dovuto di 107.000 euro. A P. L. G. e R. R. è anche contestato il reato di infedeltà patrimoniale per aver deliberato a nome della cooperativa un contratto di affitto con una società riconducibile al presidente e a sua moglie.
L’indagine era partita dalla denuncia di un ex socio lavoratore costituito parte civile al processo e di cui la difesa dei tre imputati ha chiesto l’estromissione dal giudizio, con conseguente decadenza della querela, in quanto attualmente l’uomo non è più socio della cooperativa. A questa richiesta il pubblico ministero Alberto Braghin ha replicato sostenendo la sua legittimazione perché al momento della denuncia era ancora socio lavoratore e perché la sua estromissione dalla qualità di socio era stata deliberata dal cda con un atto discrezionale indipendente dalla volontà della persona offesa. Alla richiesta, su cui il collegio si è riservato, si era opposto anche l’avvocato del querelante e gli avvocati di Asl Cn 1 e Consorzio, costituiti anch’essi parti civili.
In aula sono poi stati ascoltati una educatrice e un operatore sociosanitario in servizio presso la struttura nel periodo cui fanno riferimento i reati contestati. Entrambi hanno riferito di condizioni di lavoro dure e molto impegnative a causa della scarsità di personale: “Essendo in servizio in due per ogni turno, era tutto un incastro e al minimo imprevisto saltava tutto – ha riferito l’educatrice -; se durante la cena uno degli ospiti doveva andare al bagno, l’altro operatore dove gestire la cena da solo con tutte le sue difficoltà”.
Il contratto con Asl e Consorzio prevedeva l’impiego di nove operatori a tempo pieno (quattro educatori, quattro Oss e un coordinatore), mentre tutti i lavoratori avevano un contratto part time tale per cui in ogni turno c’erano solo due operatori in servizio. Dal contratto risultava inoltre che alcuni ospiti con patologie più gravi avevano diritto a ore di assistenza individuale che in realtà non vennero mai erogate (a eccezione di una ospite che però riceveva un’assistenza individuale inferiore a quanto le spettava). A questo proposito il collegio dei giudici, presieduto dal dott. Sandro Cavallo, ha rigettato la richiesta di produzione da parte della difesa di uno schema orario redatto dalla coordinatrice della struttura e che gli operatori sentiti in aula non avevano mai visto, in cui venivano indicate come ore individuali di assistenza anche le operazioni di vestizione e somministrazione pasti: “Quelle erano prestazioni ordinarie – ha spiegato l’educatrice -, mentre per ore individuali ulteriori si intende qualcos’altro come accompagnare l’ospite fuori dalla struttura per svolgere attività dedicate alla sua patologia. L’unica ospite che ne ha usufruito ne faceva sì e no tre ore a settimana mentre aveva diritto a tre ore al giorno”.
“Noi ci mettevamo tutto l’impegno possibile – ha spiegato l’operatore sociosanitario – ma era deprimente perché non si riusciva a dare quel po’ che li avrebbe fatti stare meglio. Noi chiedevamo spiegazioni sul numero degli operatori, ma ci dicevano che se volevamo sapere dovevamo candidarci al consiglio di amministrazione”.
Della vicenda si è intanto occupato anche il consiglio comunale di Caraglio con un’interpellanza presentata dai consiglieri della Lista civica per Caraglio e discussa nella seduta del 29 novembre. Nel testo i firmatari dell’interpellanza chiedevano in generale quale sia il livello di controllo del Consorzio sui servizi erogati dai vari partner pubblici e privati cui viene affidato il servizio concordato, e con particolare riferimento alla cooperativa Valentina, si chiedeva quali azioni di vigilanza erano state messe in atto a seguito dell’inchiesta. La sindaca Paola Falco ha risposto che per quanto riguarda i controlli il Consorzio si affida alla Commissione di vigilanza dell’Asl, che la costituzione di parte civile dell’ente era un atto dovuto e che alla direzione del Consorzio non erano mai pervenute segnalazioni di disfunzioni presso Casa Valentina. Il processo proseguirà il 24 maggio con le deposizioni degli altri testimoni.