C’è una relazione tra inquinamento luminoso e paure. L’affermazione sembra ovvia: illuminare l’angolo buio di una strada rende visibile la vita che vi transita, quindi renderne più sicura la frequentazione. Non è però d’accordo l’autore di questo libretto o almeno contesta l’equazione che dal buio discenda il rischio e la conseguente paura.
Stabilito che l’oscurità è stata esiliata dalle nostre città, ma anche che l’eccesso di illuminazione provoca danni biologici ad animali e piante oltre che all’uomo, l’autore invita a un percorso di riflessione che rintraccia nella dimensione sociale della paura l’origine di questi guasti. Se fino a poco più di cento anni fa il buio era parte della vita di uomini e città, il progressivo inurbamento ha alimentato l’“insicurezza percepita” con una crescente richiesta di luce.
La paura del buio, dove potrebbero nascondersi pericoli, è strettamente collegata a come si avvertono le relazioni sociali, a come si vive lo spazio urbano e alla tendenza a chiudersi nel proprio ambiente casalingo o sociale, a costruire muri, impiantare telecamere (con relativa illuminazione). Si badi, l’autore non nega l’esistenza dei pericoli e l’urgenza di affrontarli. Contesta invece, non senza polemizzare con recenti scelte politiche italiane, lo strumento dell’aumento di illuminazione come toccasana. Riporta l’esempio milanese di chi, vista una strada con lampioni spenti, telefona anzitutto alla polizia e non agli uffici comunali competenti. Un lampione in più è la risposta meno impegnativa della politica che elude l’affrontare le cause del disagio sociale.
Su questo terreno l’autore non risparmia neppure i led e la retorica del consumo consapevole per cui si spegne la spia dello stand by, ma si lasciano accese vetrine, stadi, illuminazioni natalizie, trasformando anzi l’accensione in motivo di festa. La motivazione che il led consuma di meno ha paradossalmente portato a moltiplicarne la presenza rischiando di ridurre di fatto la sua efficacia.
Una distorsione che negli ultimi anni ha portato persino a trasformare il cielo stellato in meta turistica. L’astroturismo è il riappropriarsi del buio secondo le logiche del mercato: acquistando pacchetti di viaggio, quando invece le stelle potrebbero essere lì a portata di occhio.
Perché non si vedono più le stelle
di Wolf Bukowski
Eris
6 euro