Mondovì – Vennero fermati il 18 gennaio 2021 dai Carabinieri mentre giravano per Mondovì a bordo di una Fiat Panda, uno vestito da frate e l’altro da vescovo ma tali non erano e con l’accusa di sostituzione di persona sono stati rinviati a giudizio davanti al tribunale di Cuneo. Il presunto frate, Z. L., operatore sociosanitario in una casa di riposo del monregalese, è stato processato con rito abbreviato, mentre il finto vescovo G. C. verrà processato a gennaio. Z.L. sosteneva di far parte della ‘chiesa anglicana di Caribe e della Nuova Grenada’, chiesa che effettivamente risulta autorizzata dal Ministero dell’Interno ma non riconosciuta dallo Stato. Quando però chiesero di incontrare il vescovo di Mondovì per ricevere l’autorizzazione a celebrare la Messa e vennero ricevuti dal vicario Don Begliatti, il finto vescovo parlò di una fantomatica ‘Prelatura anglo-cattolica’, questa sì assolutamente inesistente, ma che secondo i due avrebbe vantato un centinaio circa di followers su Facebook. Non solo la richiesta venne rigettata, ma vennero allertati i Carabinieri di Mondovì che, dopo averli fermati per strada, perquisirono l’appartamento dove abitavano e l’armadietto di Z.L. sul posto di lavoro. Qui trovarono un elenco degli ospiti della casa di riposo dove l’uomo lavorava, una lista che secondo la difesa non rivelava niente di sospetto poiché accanto ai nomi degli ospiti c’erano delle abbreviazioni che indicavano asciugamani, traverse e cuscini che doveva portare a chi ne faceva richiesta. Il sospetto degli inquirenti era invece che, approfittando del loro status, i due avrebbero potuto raggirare gli ospiti della struttura sanitaria, raggiri che risultano dal casellario del finto vescovo che in passato si sarebbe già spacciato per un prete, celebrando matrimoni e somministrando sacramenti a pagamento. “Fortunatamente – ha concluso il pubblico ministero Alessandro Borgotallo – i due sono stati fermati in tempo dal vescovo Mons. Miragoli e dal vicario mons. Begliatti, che con la loro segnalazione hanno consentito di evitare che i due potessero mettere le mani nei portafogli di altre persone”. L’accusa ha quindi chiesto una condanna per Z. L. a sei mesi di reclusione, in considerazione dello sconto di pena per il rito. Per la difesa invece quella chiesa esisteva davvero e quindi Z. L. non avrebbe finto nulla e non avrebbe neanche avuto bisogno di un abito da frate per entrare nella casa di riposo dove già lavorava. La ricostruzione non è bastata al giudice Sandro Cavallo che ha condannato l’uomo a quattro mesi di reclusione.