Araldo Cavallera è nato nel 1939 a Saluzzo, ed è morto sempre a Saluzzo il 28 aprile del 2021. Pittore, grafico, designer, scultore, speleologo e docente è stato un grande uomo di cultura e artista di fama, e uno dei protagonisti del mondo culturale saluzzese, divenendo anche vicedirettore del museo civico di Casa Cavassa.
A Torino, negli anni Cinquanta, ha frequentato il Liceo Artistico, allievo dei pittori Luigi Spazzapan e Domenico Valinotti e dello scultore Sandro Cherchi, e si è diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti. Pittore, grafico, designer, scultore e docente, speleologo ed attento indagatore dell’ambiente, ha compiuto scoperte archeologiche di rilievo sul Monte Bracco e a Pian Munè. Le sue prime esposizioni risalgono al 1958, presso la Libreria Moderna di Cuneo e a queste sono seguite numerose collettive e personali. Autore del monumento dedicato al Movimento Clandestino Antinazista della Rosa Bianca, negli omonimi giardini pubblici di Saluzzo, va ricordato per l’Inferriata che limita verso il piano Piazza Castello a Saluzzo, realizzata seguendo metodi di lavorazione medievali e, insieme a Piero Bolla e Berto Ravotti, il Sacrario delle Deportate italiane di Ravensbrück, vicino a Berlino. Sua è la grande installazione con tavole pittoriche su fondo oro avente come tema L’Annunciazione, suo il busto in terracotta dedicato al nonno, senatore Giuseppe Cavallera, collocato nel Teatro a lui dedicato, così come il Paliotto scultoreo in pietra lo- cale posto nel 2013 nella chiesa di San Pietro entrambi a Carloforte. La ricerca artistica di Cavallera spazia dall’iniziale esperienza del segno grafico filiforme andante, con il quale circoscrive i comignoli nella preziosa serie grafica numerata degli anni Settanta, testimonianza dell’interesse personale per l’architettura del territorio saluzzese, ai paesaggi, ai grandi occhi, le vele, le scimmie urlanti e le radici, fino all’impiego della pietra di fiume e della pietra locale (steatite) per sculture di volti umani dalla plastica solida ed essenziale, secondo le esigenze della sua men- te poliedrica. Seguono le sculture in ferro, in cemento armato, i bassorilievi, le sculture in terracotta lasciate al naturale o trattate con innovativi metodi, che partendo dai rituali pittorici antichi utilizzati allora in pittura, prevedono l’uso di patine su oro e argento in foglia, gli ingranaggi industriali e le tavole dipinte con fondi oro e raffiguranti immagini di grandi alberi, esaltati dagli effetti volumetrici della luce.
“La sequenza dei lavori di Cavallera – dice Angelo Mistrangelo – appartiene al cammino della cultura figurativa del secondo Novecento, a tutto un mondo di interiori rivelazioni, di aspettative, di trasformazioni del linguaggio in una sin- tesi figurale che esprime la sua visione della realtà. Una realtà reinterpretata, avvertita come momento del fluire dell’esistenza, scandita da una manualità che consente all’artista di scoprire un nuovo modo per realizzare sculture, dipinti, pagine di grafica, che rappresentano la misura di una vitale ricerca”.
“In lui – scrive Ida Isoardi – vita e arte appaiono strettamente intrecciate, in virtù di un’alta concezione della storia, della cultura e della libertà, profondamente radicata nello spirito e nelle vicende stesse della sua famiglia. Colpisce, da sempre, la straordinaria capacità, che Araldo possiede, di affrontare e animare qualsiasi tecnica e materiale, a dimostrazione di una versatilità che non è affatto eclettismo, ma piuttosto un amore antico per l’operosità manuale, unito all’ansia di dare forma e forza al pensiero”.
Alla Castiglia nell’estate del 2020 una grande antologica dal titolo “Araldo Cavallera. Solcando le onde del tempo” e curata da Ida Isoardi, Angelo Mistrangelo e Giuseppe Biasutti, ha ripercorso attraverso più di 200 opere, la lunga carriera dell’artista saluzzese, celebrandone gli 80 anni di vita e i 65 dedicati all’arte.