“Raccontami come è andata?” una richiesta posta regolarmente che sottende due modi di riferire i fatti. Uno è la descrizione in termini di cronaca asettica. Si può però anche elaborarli in forma narrativa senza per questo falsarne il contenuto, ma riuscendo a catturare l’attenzione. In quest’ultimo caso la tecnica è lo storytelling, su cui ragiona Frank Rose, muovendo dall’idea per cui ogni realtà viene comunicata e compresa in quanto viene “raccontata”. Ama il paradosso quando prende a prestito un’affermazione dello psicologo Jerome Bruner per cui il mondo “lo costruiamo di continuo” attraverso l’atto del raccontarlo.
Non si tratta di racconti fantastici, ancorché anche su questi si potrebbe riflettere. Si tratta piuttosto di guardare a come un evento viene condiviso nell’atto comunicativo. Una narrazione,oggi, non solo verbale. Ogni gesto entra a comporre, addirittura a essere il racconto o aggiungendo all’evento un di più emozionale. Il pizzaiolo che con destrezza getta in alto la pasta roteante della pizza, la riprende e la rilancia davanti ai clienti non vende solo la sua pizza, ma anche un’esperienza. Quella gustativa viene alla fine, al tavolo, rafforzata da quella visiva precedente che ha nell’ammirazione il suo cuore emotivo. Il pizzaiolo, senza proferire parole, ha “raccontato” la genesi della pizza e al contempo le ha aggiunto un ingrediente impalpabile che è lo stupore per la destrezza.
La storia è invito al viaggio dentro l’evento esposto. Coinvolge e genera attenzione. Per questo è fondamentale nella comunicazione pubblicitaria. In tale contesto anzi Frank Rose fa notare come un messaggio che racconti una storia sia più efficace di uno che punti solo sui vantaggi del prodotto. Il coinvolgimento generato dallo storytelling, che l’autore preferisce chiamare “immersione”, è concetto che sfida la logica. Non agisce sul piano razionale, diventa uno “scivolare nella realtà creata da qualcun altro”. L’eccesso di informazioni, pur se utili alla comprensione dell’evento/oggetto, di fatto indebolisce l’attenzione: in una campagna pubblicitaria rischia di perdere il legame col cliente.
Sul versante scivoloso di una comunicazione che scavalchi il fondamento razionale, si rivela l’interesse di questo libro che sta, manco a dirlo, in ciò che non racconta, ma lascia intuire. Non sono tanto i numerosi esempi addotti, quanto il suggerimento di aprire una finestra più ampia sull’esperienza comunicativa e i rischi connessi. Il coinvolgimento emotivo è letto il più delle volte nell’ottica del recettore. Si parla quindi di “immersione”, ma può leggersi anche dal punto di vista del mittente, cioè delle potenzialità di manipolazione che dispone. “Le storie sono sempre state usate come armi”, affermazione che trova riscontro nell’odierna guerra in Ucraina e nelle modalità di raccontarla piegate ai propri interessi nell’informare i concittadini.
Senza contare poi che il libro si spinge fino a considerare il tema dell’acquisizione di dati sui clienti diventati con le loro stesse scelte di mercato, narratori di se stessi a uso e consumo di quel “capitalismo della sorveglianza” che ha gli strumenti per dirigere gli interessi e le tendenze.
Il mare in cui nuotiamo
di Frank Rose
Codice
25 euro