Saluzzo – L’accusa iniziale era di concorso in furto ma dagli atti del processo non sono emerse prove chiare e inequivocabili che K. P., cittadino albanese residente a Busca, fosse il responsabile logistico della banda che aveva messo a segno una serie di furti nel saluzzese nel corso del 2017. I fatti raccontano di un intervento dei Carabinieri a Lagnasco la sera del 13 dicembre 2017, quando un cittadino aveva segnalato gli strani movimenti di una Volkswagen Polo che girava con i fari spenti. Inseguiti dai militari, due degli occupanti dell’auto erano riusciti a scappare e non sono mai stati trovati, mentre altri due vennero arrestati, recuperando il bottino di gioielli in oro e argento rubati poco prima in tre abitazioni. I due arrestati furono processati subito mentre i due fuggitivi erano riusciti a raggiungere l’abitazione di K. P. che era già sottoposto ad intercettazioni telefoniche nell’ambito di un’altra indagine per omicidio. Nella telefonata intercettata quella sera si sente uno dei uomini in fuga che avvisa K. P. di essere sotto casa sua insieme a Toni. “Una collaborazione non episodica e sempre finalizzata a fornire appoggio per quei furti in abitazione a una banda in cui i criminali provenivano da varie regioni e che senza il suo supporto non avrebbero potuto metterli in atto”, ha riferito il pubblico ministero, chiedendo per l’imputato una condanna a sei anni di reclusione. La difesa ha invece negato che quell’unica telefonata in cui si sente l’interlocutore dell’imputato dire “apri, sono sotto con Toni” implichi una corresponsabilità nella commissione dei furti o un ruolo di coordinatore, non c’è prova che i fuggitivi siano stati ospitati e per questo ha chiesto l’assoluzione dell’imputato che invece è stato condannato dal giudice che ha riqualificato il reato in favoreggiamento personale con una pena di nove mesi di reclusione.