L’inchiesta era partita nel 2017 da una segnalazione anonima e aveva portato a controlli in tutte le strutture cuneesi da parte della Guardia di Finanza che, nella precedente udienza aveva illustrato gli elementi raccolti a carico degli imputati. Primo fra tutti il fatto che durante un sopralluogo nel centro di Montezemolo, non erano stati trovati i dieci ragazzi che risultavano dai fogli di presenza, perché in quel momento si trovavano presso un centro di Pietra Ligure dove svolgevano corsi per fare muretti a secco, giardinaggio e allevamento di asini, un luogo che però non risultava in alcun documento né presso le cooperative né alla Prefettura come sede di corsi formativi.
Nel corso dell’ultima udienza sono stati ascoltati i primi di una lunga serie di testimoni chiamati dall’accusa: operatori, mediatori culturali e insegnanti che avevano lavorato presso i centri di Ceva, Borgo San Dalmazzo e Valdieri. Da questi è emerso che i richiedenti asilo firmavano il foglio di presenza nella struttura dove erano stati registrati ma non in quella dove andavano a seguire i corsi. A Savigliano i ragazzi seguivano corsi di cucina e servizio di sala, a Pietra Ligure imparavano a fare muretti a secco e giardinaggio, ma c’erano anche le strutture, come quelle di Valdieri, dove gli ospiti svolgevano lavori utili alla comunità. “Capitava che svolgessero corsi formativi a Savigliano e li accompagnavamo, ma facevano anche lavori socialmente utili in valle – ha riferito uno degli operatori -, dalla pulizia delle strade e sgombero neve, alla pulizia del cimitero. Quattro o cinque ragazzi sono anche stati assunti in valle. Facevano le partite con la gente del paese e gli era anche stata regalata una maglietta col loro nome. Del vitto e dell’alloggio durante le trasferte per i corsi si occupava la cooperativa”. “Anche se i corsi duravano alcuni giorni, per lo più i ragazzi tornavano a dormire in struttura”, ha riferito un mediatore culturale della struttura di Ceva.
Lavori socialmente utili, collaborazione con le associazioni di volontariato locali, corsi di informatica, di italiano, sulla sicurezza e di igiene e comportamento, “l’importante era non farli oziare e quindi facevano vari corsi formativi”, ha ancora riferito l’operatore della struttura di Valdieri, “a Ceva avevano aiutato a pulire dopo l’alluvione e con me facevano 12 ore di lezione a settimana – ha raccontato un’insegnatne di italiano -. Io li aiutavo a preparare il curriculum per le domande di lavoro”. L’udienza proseguirà con altri testi il 5 dicembre .