Giovanni Gagino si è spento all’ospedale di Cuneo il 21 ottobre di otto anni fa all’età di 90 anni. Con la sua scomparsa la provincia di Cuneo ha perso una delle figure più significative della pittura e della cultura che aveva saputo andare ben oltre i confini provinciali. Considerato il decano della pittura cuneese, Gagino “è l’artista che ha segnato profondamente l’arte provinciale della seconda metà del Novecento con le sue inconfondibili ed originalissime immagini: il fervore “engagé” delle ferriere con i crogioli incandescenti delle colate, il sublime lirismo delle Langhe, il senso di vuoto ed oltraggio alla natura delle “cave”, la desolazione delle moderne periferie”. Così scriveva Remigio Bertolino e sintetizzava in poche righe il senso della pittura di Giovanni Gagino e che cosa ha significato per il panorama culturale provinciale e non solo.
Giovanni Gagino era nato a Fossano nel 1924. Dopo un soggiorno di alcuni anni a Livorno, ha sempre vissuto e lavorato a Cuneo, città in cui era venuto ad abitare, nei pressi di Madonna della Riva, sin dall’infanzia. La sua naturale predisposizione all’arte lo ha accompagnato e guidato in tutte le fasi difficili della sua esistenza. È stato arruolato nella Marina militare durante il secondo conflitto mondiale. Preso prigioniero dei tedeschi, dopo l’8 settembre, è stato imprigionato in un campo di concentramento militare in Turingia. Terminato il conflitto, dopo un lungo e sofferto viaggio di ritorno a casa, viene assunto come operaio alle fonderie Bongioanni di Cuneo. Nei periodi di pausa dal lavoro in fabbrica, si è dedicato con costanza alla pittura, ottenendo buoni risultati e cominciando a riscuotere un certo interesse di pubblico e di critica. Dal 1954 ha inizio la sua attività espositiva, con partecipazioni a diverse collettive in Italia (Roma, Mondovì, Genova, Cuneo, Asti, Milano, Saluzzo) e all’estero (Parigi, Principato di Monaco, Lione, Tolone e Strasburgo), riuscendo però a tenere la sua prima personale soltanto dieci anni dopo, presso la Galleria Ghigo di Racconigi. Ne sono seguite altre dal 1968 in poi, tenutesi in spazi pubblici ufficiali e gallerie private di Savigliano, Cuneo, Bra, Firenze, Limone Piemonte, Mondovì, Fossano, Dronero, Finale Ligure, Cherasco e Torino, dove la Regione Piemonte gli ha dedicato un’importante antologica nel 2007, allestita presso le sale del Piemonte Artistico Culturale, in piazzetta Cln, e curata da Luca Arnaudo e Federico Faloppa. La fase formativa dell’attività pittorica di Gagino si è svolta accostandosi agli insegnamenti (opposti per indole e per preferenze stilistiche) di Roberto Luciano ed Ego Bianchi. Gagino, tuttavia, si è sempre dimostrato libero e determinato nel seguire il proprio percorso artistico, svincolato da specifici modelli e fedele piuttosto a una personale e appassionata visione del fare arte. Nel 1970, ha aderito al gruppo artistico cuneese Antischemae nel 1973 si è associato ai Frères d’art (gruppo pittori italo-francese), di cui Roberto Luciano è stato, tra gli altri, fondatore e animatore. Sono anni nei quali Gagino ha messo a fuoco i soggetti che caratterizzano la sua ricerca espressiva, cioè i paesaggi di Langa, le periferie di città, gli interni di fonderia, le composizioni astratte di corpi meccanici corrosi e abbandonati e le sculture assemblate con forme geometriche essenziali a sviluppo verticale. È stato ammirato da poeti e scrittori del calibro di Mario Luzi e Davide Lajolo. Gagino continua a dare il meglio di sé anche nell’attuale età avanzata ed è quindi da scoprire e riscoprire ogni volta che un sua nuova opera esce dalle sua mani. Egli ha saputo mantenere la vivacità intellettuale, favorito dalle doti personali di umanità e di freschezza inventiva, che trapelano dalla sua sapiente e visionaria manipolazione dei materiali e delle tecniche della pittura e della scultura, realizzando anche monumenti in ferro, come quello installato a Fossano nel 2011 e dedicato all’operosità dei fossanesi.
“Ciò che più colpisce in Gagino – scrive Paolo Levi – è la forza di comunicazione del racconto, di grande solidità contenutistica, il modo spontaneo di inventare l’immagine, gli spazi, le prospettive, le profondità, i fuochi, le ombre. I suoi sono costrutti di difficile esecuzione. Lo scenario è quello di un pittore per il quale le architetture degli interni di officina sono anche emozioni, sentimenti, visioni, che si trasformano in un costante linguaggio fantastico e realistico, ad un tempo; fabbriche che si dissolvono in una vibrazione senza stridori cromatici. Egli non è un artista “neutrale”, in quanto il suo racconto ha più sottintesi esistenziali, dalle taglienti definizioni visive. è uno scenario infero, allarmante, dalle tonalità a volte geniali. C’è in lui il racconto colto di Munch e di Kandinsky”.
Le sue ultime uscite pubbliche sono state nella collettiva di GrandArte nel complesso monumentale di San Francesco nel 2013 e poi la personale organizzata nel 2014 a Palazzo Samone.