Fossano – L’avevano convocata in caserma il 26 febbraio 2018 per avvisarla dell’avvio di un controllo su Iva e imposte dirette, nella sua azienda di lavanderia e dopo due settimane si erano recati presso il capannone industriale di Cavallermaggiore dove la donna svolgeva la propria attività. Gli stessi due militari che quindici giorni prima le avevano parlato in caserma, si erano presentati in borghese e avevano suonato al campanello e quando la donna uscì fuori dalla porta mostrarono i tesserini identificativi. La signora però rientrò senza aprire il cancello. Dopo aver aspettato invano, uno dei due militari scavalcò ed entrò nel capannone: “Dentro trovai la signora vicino a un quadro elettrico che spegneva gli interruttori, ma alcune macchine, lavatrici e asciugatrici, erano ancora calde”. Dalla documentazione fornita dalla donna quel capannone non risultava come sede della lavanderia, che invece era indicata con sede legale presso l’abitazione privata di Fossano. N. D. aveva inizialmente denunciato il maresciallo che aveva scavalcato il cancello ed era entrato nel capannone, accusandolo di violazione di domicilio, dal momento che i militari si sarebbero presentati in borghese e senza tesserino, in quella che lei sosteneva essere una privata abitazione e non un’azienda, tanto che sua sorella, appena uscita dalla doccia, si sarebbe trovata faccia a faccia con i militari. Un’accusa archiviata dal giudice delle indagini preliminari, in seguito alla quale sarebbe partita la denuncia nei confronti della signora N. D. per calunnia. “Nelle foto che abbiamo scattato – ha riferito il militare che aveva eseguito la perquisizione dei locali – c’era anche la sorella della signora, ma dalle foto si vede che era vestita”. Dopo aver ascoltato i militari, il processo proseguirà il 31 gennaio con i testimoni della difesa e con la discussione.