Si può leggere in due modi il nuovo romanzo di Paola Gula. È possibile lasciarsi avvincere dalla prosa sciolta, dall’intreccio leggero con qualche sterzata di tensione subito ricomposta, perché non pare essere questo il genere cui vuol dedicarsi l’autrice. Ci si può però anche dilettare a smontare il meccanismo narrativo, a esplorarne la struttura di fondo a prima vista celata proprio da quello scrivere brillante.
È una strada plausibile perché in ultimo l’ordito del romanzo si regge proprio sull’arte del comporre un intreccio credibile, sulla persona dell’autore e sull’universo a tratti misterioso che ruota intorno alla produzione di un libro. In simile lettura si svela il procedere dell’autrice che lavora sul doppio. È espediente che consente di costruire personaggi e situazioni mai definitivamente completati. Dietro c’è sempre un qualche particolare che li rende sfuggenti quindi intriganti.
Evidente è a questo proposito il ricorso alla figura del ghost writer, che si sostituisce a uno scrittore in crisi di ispirazione per redigere un nuovo libro senza però firmarlo. Anzi l’espediente qui si fa “agenzia”, il Caffè corretto del titolo. Intorno a questo “scrittore fantasma” si enucleano altre situazioni con la stessa dimensione sfaccettata. I genitori delle sorelle Giano che hanno nascosto segreti disastrosi. Il che si ribalta sulle stesse sorelle, la cui maschera disinvolta cela debiti e paure. Il celebre scrittore Luca Fanti in crisi di ispirazione come l’amico Carlo Baiocco che certo non si guadagna il successo. Persino Silvia è “oca giuliva” per nascondere i suoi drammi, ma anche le sue capacità.
Il gioco del doppio non pesa sulla fluidità del romanzo a confermare che per giocare a nascondino con se stessi e con gli altri non basta qualche battuta. Nella penna ci vuole arte. Del resto Silvia, la più fantasmatica dei personaggi, sentenzia: “l’idiota come riesco a farlo io, non ci riesce nessuno”.
Caffè corretto
di Paola Gula
Golem
16 euro