Fausto, a quarant’anni, si separa dalla moglie e decide di tornare a schiarirsi le idee a Fontana Fredda, il paesino di montagna che conosce fin da bambino. Ma Fausto in montagna scappava già spesso e Veronica lo ha sempre accusato di badare più a se stesso che a tutti gli altri intorno. Fontana Fredda è una piccola borgata di case attorno a una pista da sci, ci sono signore novantenni che raccolgono le erbe selvatiche nei campi, case abbandonate, altre da affittare a turisti, un unico ristorante aperto da una ex-ragazza di città che in montagna doveva rimanere poco ma che poi s’è lasciata convincere dall’amore. Ed è lei Babette offre a Fausto un lavoro in cucina per la stagione e Fausto accetta volentieri. C’è anche Silvia che serve ai tavoli. Ha finito di studiare e non ha ancora deciso cosa fare: se sia lì solo di passaggio o se voglia qualcosa di più dalla montagna. Cognetti colpisce ancora e lo fa in maniera ancora più essenziale che nei precedenti romanzi. La sua è montagna vera. La sua è vita vera. Offre uno spiraglio alternativo di mondo, senza però provare a venderci il sogno della vita semplice e della natura che salva, di quanto sia bello e poetico vivere in montagna. Qui ci sono persone che faticano, altre che guariscono, che si spostano in uno spazio selvatico e che si fanno domande, tante domande. È un romanzo sulla cura: per gli altri, per la propria solitudine, per i legami col posto che ci scegliamo, per il bosco e le vette, per la semplicità dei gesti che ci assicurano le basi della sopravvivenza, per la ricerca individuale di una vita più vita, di un futuro più abitabile. Assolutamente da non perdere.
La felicità del lupo
di Paolo Cognetti
Einaudi
18 euro