Cuneo – “Avevo visto una bicicletta che attraversava l’incrocio di San Rocco Castagnaretta da destra verso sinistra mentre io procedevo verso Borgo San Dalmazzo, poi è sbucata all’improvviso questa seconda bicicletta e non ho avuto il tempo di frenare”. C.M. infermiera al Santa Croce, accusata di omicidio stradale in seguito alla morte del 17enne Francesco Scarnato avvenuta poco dopo la mezzanotte del 12 luglio 2019, aveva da poco lasciato la sala operatoria dove era stata chiamata per una urgenza in sala operatoria, e stava tornado a casa quando la sua auto si è scontrata con la bicicletta su cui viaggiavano la vittima e il suo amico A.C. che a seguito di quell’incidente riportò gravi lesioni vertebrali e una frattura del femore con una invalidità permanente del 40%. “Andavo piano, non avevo motivo di correre, avevo guardato a destra e sinistra, la bici non aveva luci” ha riferito la donna in aula, ed è proprio sulla velocità dell’auto al momento dell’impatto con la bicicletta che si sono confrontati i consulenti della difesa, delle due parti civili – genitori della vittima e il suo amico – e del responsabile civile. Una questione fondamentale quella della velocità secondo i consulenti dell’accusa e delle parti civili, perché se l’auto avesse mantenuto un’andatura inferiore a quella stimata tra i 60 e i 70 km/h, l’impatto non ci sarebbe stato perché la bicicletta avrebbe avuto il tempo di passare, non ci sarebbe stato l’intersecamento delle traiettorie e il conseguente incidente. Una stima che si basa sulla misurazione della distanza a cui si è fermato il veicolo dopo l’impatto e che risente dei coefficienti di rallentamento, strada ed erba in questo caso, e dell’intervallo psicotecnico, quello in cui si percepisce il pericolo e si reagisce con manovre opportune. Secondo il consulente del responsabile civile, in base al punto di fermata dell’auto dopo l’impatto, l’incidente sarebbe avvenuto proprio in quell’intervallo psicotecnico: la donna al volante non avrebbe avuto spazio per fermarsi, e per evitare la bici avrebbe dovuto procedere a 30 km/h, perché anche a 50 km/h, limite consentito in quel punto, l’impatto ci sarebbe stato lo stesso. Diverso invece l’approccio del consulente della difesa che per il calcolo della velocità ha usato il criterio di deformazione dei due veicoli nel punto di impatto e che ha portato come conclusione che, stimando che i due ragazzi in bici non potessero andare a più di 15 km/h, l’auto procedeva a circa 55 km/h, e che comunque anche rientrando nei limiti consentiti in quel tratto, a quella velocità non avrebbe potuto evitare l’incidente. Alla prossima udienza del 15 luglio, con gli ultimi testi da ascoltare, si dovrebbe concludere l’istruttoria e procedere alla discussione.