Prima una riflessione su concetti di fondo come sviluppo e crescita, poi la lettura della realtà cuneese nella prospettiva di queste idee. È la linea di sviluppo del secondo numero di “Contraddizione” dal titolo significativo “Sviluppo, consumo, alternative possibili”.
Il primo binomio pare inscindibile. Lo sviluppo si è imposto come unica strada cui tutte le nazioni si adeguano, pena essere riclassificate come “sottosviluppate”. Sviluppo è quindi termine che sottintende drammaticamente la meta verso cui orientarsi per non essere del tutto asservite ad altri. Fatta salva ovviamente la possibilità di accedere agli strumenti che lo consentano, controllati da chi ha il potere
Uno sviluppo che non conosce e tanto meno si impone limiti. Travolge l’ambiente, certo, ma anche le comunità e le relazioni umane, tanto che Walter Franco sostiene che “lo sviluppo sostenibile è un ossimoro”, perché legato a filo doppio con il consumo. Se non si vende/compra non c’è sviluppo: equazione che mette in conto solo la dimensione economica.
L’immagine urbanistica riflette questo quadro. Paolo Giaccone cala nella realtà cuneese questi pensieri ripercorrendo le scelte di insediamenti urbanistici dal dopoguerra. Il percorso è tracciato da una tendenza all’abbandono della tradizionale struttura commerciale radicata nel territorio per il moderno sistema orientato verso la creazione di grandi punti di vendita. Upim negli anni Sessanta, poi i super e ipermercati fino agli attuali centri commerciali. Il quadro dell’”ottavo assedio” è visivamente offerto dalla piantina nelle pagine centrali.
Una tendenza che si riflette urbanisticamente nello spostamento verso l’esterno. Paradossalmente una città che non cresce, ma consuma di più. Una città che “invita ad andare fuori” per acquistare, per divertirsi. E all’interno si muta in una città che perde via via la propria rete commerciale non solo per effetto della concorrenza sul piano economico, ma per un mutato approccio alle modalità dell’acquisto.
Il concetto stesso di città sembra spostarsi sui centri commerciali perdendo però la dimensione di relazionalità, di prossimità interpersonale a favore di un anonimo spazio di consumo: persona e cittadino sono “disciolti nella definizione di consumatori”.
Il grido d’allarme non si ferma alla constatazione. Se, come dice Marco Damilano, la contraddizione non è semplice dire di no, bensì deve costruire un’alternativa, gli interventi nella rivista propongono strade diverse. Mantenere vive le comunità, è uno degli strumenti che consentono di sostenere le piccole imprese commerciali a dimensione locale. Ciò richiede servizi, consapevolezza e scelte.
Ma ci sono anche esempi che coinvolgono la comunità, non solo le Amministrazioni. Alle proposte che vengono dalle comunità Emmaus è dedicato ampio spazio. Si parla di riuso, di un’economia che non cerca lo sviluppo a oltranza, in breve di un modo di vivere a dimensione umana che privilegi le relazioni sul profitto.
Contraddizione n. 2
Autori Vari
Associazione Contraddizione
3 euro