Prato Nevoso – Si è concluso con una condanna il processo per omicidio colposo in cui era imputato il 22enne di Carmagnola M. A., accusato di aver investito M. T., 49enne ligure, sulle piste di Prato Nevoso, provocandone la rottura della milza cui seguì il decesso dopo pochi giorni all’ospedale di Mondovì. La sera dell’8 febbraio 2019 M. A. scendeva sulla pista dello snow park che al termine confluisce nella pista uno dell’impianto e su cui stava sciando la vittima dell’incidente che quella sera si trovava con il fratello per una discesa in notturna. Lo scontro avvenne alla confluenza delle due piste; M. T. riportò la rottura della milza e fu operato d’urgenza all’ospedale di Mondovì quella sera stessa. Il 14 febbraio, il giorno in cui avrebbe dovuto essere dimesso, l’uomo però morì a causa di una tromboembolia polmonare. Nessun testimone era presente al momento dello scontro tra i due sciatori, ma stando a quanto dichiarato dal fratello della vittima, lo stesso imputato avrebbe ammesso nell’immediatezza dei fatti di essere stato lui a tagliare la strada a M. T. Lo stesso ragazzo aveva dichiarato in aula di non aver visto nessuno sia davanti sia alla sua destra mentre scendeva ma che a un certo punto M. T. gli avrebbe tagliato la strada tanto che le punte dei suoi sci si erano trovati sotto le code degli sci dell’altro e per l’effetto catapulta era stato proiettato alcuni metri più avanti. “È sempre difficile trattare gli incidenti colposi – ha detto nella sua requisitoria il procuratore della Repubblica Onelio Dodero – e occorre ricapitolare che i fondamenti della colpa sono la prevedibilità e l’evitabilità. L’incidente era prevedibile perché la pista era pubblica e occorreva essere prudenti nella discesa, e se fosse stato prudente avrebbe potuto prevenire l’incidente che quindi era evitabile”. Indubbio quindi il nesso causale tra lo scontro sulla pista e la tromboembolia che si verificò poi in ospedale che era stata prevista come conseguenza dell’operazione a cui era stato sottoposto l’uomo, e per la quale era stata predisposta la corretta terapia che però non avrebbe potuto azzerare il rischio di complicazioni. Per questo motivo l’accusa ha chiesto la condanna a nove mesi di reclusione. Condanna a cui si sono associati gli avvocati delle due parti civili costituite, fratello e genitori con l’avvocato Macciò, moglie e figlia con l’avvocato Padella che ha chiesto per le sue assistite il risarcimento del danno con una provvisionale esecutiva di un milione per moglie e 1,5 milioni per la figlia. Ha invece ribadito la non colpevolezza del proprio assistito l’avvocato Morra, il quale ha sottolineato che, arrivato a fine pista, M. A. non avrebbe avuto alcun motivo di tagliare longitudinalmente la pista: “Era l’altro lo sciatore a monte che secondo il regolamento avrebbe dovuto evitare la collisione, e la spiegazione è proprio nella posizione degli sci del ragazzo che è stato catapultato in avanti”. Il giudice ha accolto la richiesta dell’accusa condannando il ragazzo a quattro mesi di reclusione e a una provvisionale risarcitoria di 530.000 euro per moglie e figlia e 52.000 euro per il fratello della vittima.