Solo il vedere una copertina nuova con il nome di Yehoshua è emozionante. E quell’emozione non viene tradita. La storia è ambientata in Italia, in una città del Nord tra le nebbie. Parla di un matrimonio tra un ebreo poco religioso e una donna cattolica che si converte all’ebraismo. La coppia ha dato alla luce una figlia che nel romanzo ha 12 anni, Rachele Luzzatto, dal carattere determinato e tenace. È cresciuta in un ambiente insolito dove ebraismo, cattolicesimo e ateismo si mescolano tra loro. La giovane da tutti attinge saggezza con curiosità e spirito critico. Non si lascia suggestionare dalla visione di un mondo che ci vuole a tutto costi tutti uguali. Rachele ama il dubbio e la sua sete di conoscenza non ha confini. E il momento narrativo decisivo quasi come una sorta di fiaba, arriva quando a Rachele la scuola chiede di interpretare il ruolo di Maria a una recita di Natale. I parenti ebrei di Rachele non sono praticanti, non mangiano kasher, ma, alla notizia, il padre della ragazza si arrabbia. Di fronte alla sua rabbia c’è una ragazzina che raduna in sé una disarmante ingenuità e un’altrettanto spiazzante saggezza. Una figura che ha il compito di portarci con levità nelle questioni profonde del romanzo: religione, famiglia, discendenza, razza, morte, identità. E lo fa ancora una volta con la parola che può cambiare la società, può svegliarla dallo stordimento e dall’apatia. Un “testamento” di chi sa come pochi altri, scandagliare l’animo umano, le sue inquietudini e i suoi interrogativi.
La figlia unica
di Abraham B. Yehoshua
Einaudi
18 euro