È un ampio sguardo che abbraccia tutto l’orizzonte del territorio di Bombonina il libro a cura di Carlo Revello, restituito visivamente nella controcopertina da due foto aeree dell’abitato. In effetti l’autore non si atteggia a storico né pretende di esaurire l’argomento, ma, come aveva fatto anni fa per una mostra fotografica, tenta “timidamente” di raccogliere testimonianze e ricordi legati a questa frazione “leggermente scollegata dal capoluogo”.
Semmai, confessa, vorrebbe pareggiare i conti con le dicerie che ironizzano sul carattere rurale e silenzioso di Bombonina. E per raggiungere lo scopo non può che rivendicare il bene prezioso che viene dal senso di comunità, dall’”onesto” e faticoso lavoro che ha caratterizzato nei secoli i suoi abitanti. Valori che sono consegnati ai giorni d’oggi affinché siano salvaguardati.
Un accenno doveroso alla storia. Le informazioni, che vengono dai documenti ricordati da don Maurizio Ristorto, parlano di un nome che arriva dal XIV secolo. Risale ad allora la nascita di un grande caseggiato, parzialmente ancora esistente, costruito dalla famiglia dei Mombonini nei pressi della strada che, attraversata la Stura, raggiungeva la zona di San Benigno. Per facilitarne la pronuncia il nome Mombonina cambiò in quello attuale.
Dopo la storia però viene la vita passata e presente. E qui l’autore fa appello a ricordi personali, ma soprattutto a quelle fonti inesauribili che sono le persone. Qui trova nel senso di comunità la chiave di volta delle relazioni che intessono tanto l’intero abitato che sulla scorta delle indicazioni topografiche appare frammentato in tanti tetti.
Eppure insieme costruiscono la chiesa parrocchiale. Intorno ad essa per la verità si sviluppa una tensione allorché si decide negli anni Cinquanta di costruire quella nuova nella zona alta destinata a maggior sviluppo nell’immediato futuro. È lo stesso vescovo mons. Tonetti a dover intervenire con documento ufficiale per porre fine alle polemiche.
Il senso di appartenenza passa anche attraverso aspetti minori. Il negozio di frazione, oggi si chiamerebbe di prossimità, ma allora non c’era bisogno di sottolinearne la vicinanza. Era data per scontata. Era una questione di relazioni. Così come il prestare oggetti o strumenti sottolineava una fiducia reciproca di fondo come pure il lavoro in comune per costruire pozzi o utilizzare i forni. Queste sottolineature diventano per l’oggi un appello al fine di non tornare a essere “isole” come quelle su cui il paese è nato.
Viaggio di nozze a Bombonina
a cura di Carlo Revello
Primalpe
18 euro