Cuneo – La sentenza di primo grado nel processo “Momo”, emessa oggi (lunedì 11 aprile) nei confronti di un intermediatore e di quattro imprenditori del saluzzese, ha suscitato vasta eco anche negli ambienti sindacali e in quelli legati alla politica. Dalla Cgil e da Luv (Liberi Uguali Verdi) viene sottolineata la portata di questa “prima storica condanna nel Nord Ovest” per caporalato.
Andrea Basso, segretario generale della Flai Cgil Cuneo: “La sentenza conferma quanto sostenuto nel tempo dal sindacato. Purtroppo anche nel nostro territorio esiste un sistema illecito di intermediazione che sfrutta lavoratori in condizioni di estrema debolezza e precarietà. È una sentenza storica che valorizza il nostro impegno pluriennale fatto di azioni concrete e di sostegno ai lavoratori. Ci aspettiamo che quanto accaduto convinca tutti (istituzioni, associazioni datoriali, comunità locali) dell’indispensabilità di arrivare a un sistema di collocamento pubblico dei lavoratori agricoli trasparente e rispettoso delle leggi, dei contratti e dei diritti inviolabili delle persone. La Flai Cgil e la Cgil di Cuneo si sono costituite parte civile perché ritengono doveroso battersi in ogni ambito per rivendicare e ribadire il ruolo che il lavoro deve avere per realizzare una società più giusta che dia dignità alle persone che vivono delle loro fatiche”.
Davide Masera, segretario generale Cgil Cuneo: “La sentenza ci obbliga a guardare in faccia la realtà senza vergogna. Lavorare per la legalità è la miglior difesa della parte onesta del sistema frutticolo cuneese e per garantire diritti e tutele ai braccianti agricoli impegnati nei campi. Molto resta da fare e ci impegneremo ad allargare la nostra presenza e la nostra azione ad altri due settori vitali per l’economia del cuneese in cui sappiamo esserci zone d’ombra di sfruttamento, di lavoro grigio e nero: gli allevamenti e il sistema vitivinicolo di Langhe e Roero”.
Marco Grimaldi, capogruppo di Liberi Uguali Verdi in consiglio regionale: “Sentenza storica oggi al Tribunale di Cuneo: prima condanna per caporalato nel Nord Ovest. Il bracciante Koanda Moumouni ha sfidato la paura e il silenzio, ha raccontato lo sfruttamento dei lavoratori migranti nei campi e negli allevamenti del saluzzese. Paghe da fame, a cottimo, fino a 11 ore di lavoro al giorno anche il sabato e la domenica, sotto la pioggia, di notte, e molte ore pagate in nero, fuori dalla busta paga. Come può la nostra società tollerare tutto questo? Da anni denunciamo le condizioni drammatiche di lavoro e di soggiorno dei migranti nelle campagne piemontesi. Oggi un muro di silenzio è crollato grazie al coraggio dei lavoratori, ma anche all’opera quotidiana dell’associazione Sicurezza e lavoro, della Flai Cgil e di tanti altri soggetti che da anni conducono una dura battaglia contro caporalato e sfruttamento” (immagine di repertorio).