Giuseppe Formisano, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, con esperienze nel campo della scenografia teatrale, è stato fino allo scorso anno docente di discipline pittoriche presso il Liceo Artistico Ego Bianchi di Cuneo.
Oltre alla ricerca pittorica, è costantemente interessato a studi che riguardano la grafica nell’illustrazione dei libri per l’infanzia. Vive e lavora a Cuneo. “Lo spazio”, nella sua pittura gioiosa e coloratissima, si propone “direttamente come metafora: mappa astrale e luogo di atterraggio. Lo sguardo rivolto agli strumenti (c’è una simmetria funzionale fra il libro e l’astronave) è dichiaratamente archeologico, congiunge nello stesso segno il preistorico e il futuro remoto” (Riccardo Cavallo, in La mappa ed il luogo. Fagioli – Formisano – Musso – Odifreddi – Onteniente – Ovidi – Perlo – Valla, Chiesa del Gonfalone, Fossano, 24/4 – 11/5/1987, Testi di Roberto Cavallo, a cura della Fondazione F. Sacco e La Morbida Macchina).
È negli anni Ottanta che Formisano ha raggiunto la sua maturità espressiva e ha iniziato a mostrare il suo lavoro in pubblico, ma non ha mai cercato di raggiungere forzatamente un successo che spesso si rivela effimero nell’attuale sistema dell’arte contemporanea, e che peraltro, nel suo caso, sarebbe del tutto meritato. L’artista, volutamente restio a far parlare troppo di sé, è autore di interpretazioni trasfigurate del mondo reale, condotte con un linguaggio espressivo fondato sulla forza autonoma di comunicazione dei segni e dei colori puri, immediatamente comunicativi e in relazione con lo spazio circostante, che si può accostare alle tendenze artistiche italiane di derivazione postmodernista del Novecento.
Lo sguardo dell’osservatore dei suoi lavori pittorici all’acquerello su carta o ad acrilico su tavola, sagomata in fogge diverse, da quella circolare a quella dal profilo di improbabili strutture architettoniche, è proiettato nella dimensione tutta immaginaria di un universo fiabesco. Figure umane, oggetti, paesaggi, linee e colori sono frutto di un’intenzione di reinventare luoghi fantasiosi di bellezza appartenuti alla nostra infanzia. Che si tratti di immagini più dichiaratamente illustrative, con personaggi festosi e lettere dell’alfabeto volteggianti al di sopra dei tetti di città fuoriuscite da un sogno chagalliano, o di visioni e costruzioni tridimensionali di case di città improbabili, o ancora di opere dall’intento pittorico più astratto ed estroso, Formisano suscita appagamento degli occhi e della mente: è sufficiente lasciarsi immergere all’interno dei suoi campi visivi, tuffarsi nell’intensità dei colori blu oltremare e rosso cinabro o mettersi sulle tracce policrome dei segmenti lineari in movimento sulla superficie del quadro e anche oltre ad essa, per ottenere un’iniezione di ottimismo, uno sprizzo di vitalità quasi terapeutica.
Del suo ultimo lavoro scrive Ida Isoardi: “…Le immagini di Formisano approdano ora al drammatico, al visionario, come guidate da quell’ardore mediterraneo dove anche l’ironia e il grottesco risultano parte integrante del loro farsi e del loro apparire. Da Pompei e dagli altri luoghi campani, oggi più che mai teatro di continue riscoperte e rivelazioni di un inesauribile patrimonio d’arte pittorica e non solo, l’autore ha ricevuto quell’indelebile impronta che viene a palesarsi nell’originale e audace restituzione di figure del mito classico. Così la Sibilla, esito quanto mai affascinante della tecnica messa a punto dall’artista, colpisce per la forza che il colore, unito alla bellezza dell’immagine…Si potrebbe azzardare che il pittore insceni e compia una vera ritualità del colore e delle forme, attraversando l’eternità del mito con Narciso, il bacio del Satiro, Leda e il cigno, per giungere alla Venere “tatuata”, còlta in quella posa con specchio, squisitamente velazqueziana, che incontriamo nel capolavoro conservato alla National Gallery di Londra. L’idea dello specchio, qui assente ma potenzialmente intuibile e così frequentata dall’arte di ogni epoca, ci riporta a Narciso, alle pareti affrescate di Pompei, oltre che alle Metamorfosi di Ovidio. Il fanciullo del mito paga un alto prezzo per ottenere la vera conoscenza di sé, la rivelazione del proprio, bellissimo volto”
Dodici opere realizzate nel 2021 si possono vedere nella personale “La cerimonia del colore” nella chiesa di Santa Maria del Monastero in via Rivoira 11 a Manta. La mostra è visitabile fino al 30 aprile il venerdì, il sabato e la domenica dalle 16 alle 19.