Vero che amore e odio nascono dall’intimo dell’uomo, ma lo scienziato, posto davanti alla problematica relazionale, si chiede cosa sia questo “intimo”. Trova la risposta nel terzo termine del titolo: il cervello, la parte del corpo in cui si gioca il nostro comportamento, la nostra risposta alla vita e alle relazioni.
Il libro intende dunque analizzare ciò che avviene nel cervello quando si provano sentimenti di amore e di odio. Presenta la struttura del cervello umano e le funzioni cui sono preposte le varie regioni. Parla di “cascate di eventi chimici che coinvolgono regioni e molecole”. Una prospettiva scientifica che non esclude quella romantica o spirituale, ma vuole integrarla, quando, alla fine, l’autore tira le fila.
È una lettura singolare, anche scarna per il nostro modo di vedere e vivere emozioni e sentimenti. Presuppone l’intima connessione tra fisicità ed emotività che, dice l’autore, si sperimenta ogni giorno. Quando ci si apre a un intenso sentimento: “il cuore batte a mille, il palmo delle mani trasuda, le guance arrossiscono”. È lecito dunque chiedersi come funzionano le regioni del cervello allorché si sperimenta amore o odio che generano comportamenti intrinseci alla natura umana. L’uno “spinge a sviluppare legami affettivi necessari alla sopravvivenza propria e della specie”: la cooperazione, la solidarietà, la procreazione ne sono le conseguenze. L’altro genera comportamenti per reagire a una minaccia presagita: reazione naturale di difesa che, se non controllata, si fa prevaricante.
È lettura non nuova nella storia del pensiero, ma che oggi si impone per il contesto tecnologico. L’autore di riferisce a internet, al mondo virtuale e alle minacce che ne vengono. L’approccio fa appello alle neuroscienze, cercando quali trasformazioni provoca questo nuovo ambiente culturale sul cervello. Se “il nostro cervello ha la capacità di amare, ma può anche spingerci a commettere atti malvagi”, allora bisogna interrogarsi su come il cervello stesso si comporti dinanzi alle sollecitazioni della tecnologia.
L’autore osserva amore e odio in rapporto ai social, ma anche al cambiamento climatico, al terrorismo, all’esperienza del Covid. Da ogni parte arrivano considerazioni sconfortanti, eppure il libro non dispera. Quella “plasticità” per cui il cervello tende ad adattarsi nel tempo a nuove situazioni, può giocare a favore delle relazioni. L’empatia è la risposta alle relazioni distorte. Via di mediazione tra amore e odio, è “la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni dell’altro”. L’empatia è ciò che fa la differenza tra l’uomo e il robot. Chiama in causa scelte. Costruisce scenari nuovi di relazioni. È il terreno su cui la visione scientifica e quella più spirituale possono dialogare e correggersi reciprocamente. È anche il tavolo su cui si gioca la partita del fatalismo cui rischia di abbandonarsi l’uomo allorché si ferma alla constatazione puramente scientifica. Cosicché ha ragione l’autore a concludere ribadendo l’importanza dell’educare a relazioni empatiche nella consapevolezza decisamente positiva che l’empatia è “contagiosa”.
L’amore, l’odio e il cervello
di Michel Rochon
Codice
21 euro