Recentemente il ministro della Salute, Roberto Speranza, in audizione in Commissione Affari sociali della Camera sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ha dichiarato: “Una sanità più vicina alle persone, rimettendo radici nei territori, è la prima scelta che compiamo e per raggiungere questo obiettivo servono riforme e investimenti”.
Tra gli altri propositi, ha manifestato anche quello del “potenziamento dei Dipartimenti di Salute Mentale per la presa in carico efficace dei pazienti con disagio psicologico o disturbo mentale, anche in collaborazione con il sistema integrato degli interventi e Servizi Sociali e con il terzo settore, volti al recupero dell’autonomia personale, sociale e lavorativa”.
Una dichiarazione (speriamo seguita da fatti concreti) che rimarca quanto per ottenere una buona sanità non ci si possa limitare a buoni ospedali o premurosi medici di medicina generale, che sono comunque indispensabili, ma si debba puntare a una piena integrazione con gli enti territoriali, segnatamente i servizi sociali e il terzo settore. “Senza sociale non c’è salute”, dovrebbe essere lo slogan ben presente alla mente di tutti i decisori politici.
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