Si muove con assoluta libertà l’autrice in una fitta rete di personaggi che sembrano affiorare dal nulla, sparire per un momento poi ritornare sulla scena. Il palcoscenico di questo romanzo è Colombano Sant’Isidoro, frazione di Folasca. Inutile cercali sulla cartina: sono nomi immaginari. Eppure l’abilità della scrittrice riesce a renderli vivi e reali.
È un gioco di specchi perché gli anni Sessanta e le loro inquietudini come anche un’arretratezza di pensiero che indulge al quieto vivere, si riflettono con chiarezza nel panorama umano e sociale di questo ambiente rurale. Ed è altrettanto un gioco di specchi quello che sembra costruire l’autrice, invitando quasi sommessamente il lettore a rovesciare le sue intuizioni di una prima lettura.
Facciamo caso a quante donne sono presenti in queste pagine. Sono loro ad essere al centro di ogni passaggio nell’intreccio. Prima fra tutte c’è Lina, giovanissima sposa “comprata”. Sottomessa al marito, ma sa conquistarsi il suo spazio con sottili “astuzie” fino a diventare il motore della svolta. Poi c’è la suocera dal soprannome eloquente: la “Caporala”. E Valentina ricca e disinibita. E tutte le altre donne del paese, maestre nell’arte del pettegolezzo sempre al riparo di un “naturalmente non li ho visti con i miei occhi”, ma anche silenziosamente consapevoli della propria posizione di defilata gestione.
L’autrice lo suggerisce esplicitamente per alcune. Di Lina dice subito che ha la forza di un uomo. A Raimonda, moglie del maresciallo, riconosce che “se fosse nata maschio chissà a che traguardi sarebbe arrivata”. Per molte altre ne lascia intendere la sottigliezza di pensiero e di azione. E allora la svolta che il romanzo prende a metà abbandonando la descrizione d’ambiente familiare o di paese oltre che della vita di Lina, per abbracciare invece una tinta da poliziesco con un morto e uno scomparso, può sembrare stridente, ma conserva inalterato questo sfondo femminile.
Intorno c’è una sapiente descrizione di un’Italia rurale, appena sfiorata dall’incedere del tempo. E soprattutto c’è la tabacchiera del titolo, anch’essa destinata ad affiorare di tanto in tanto passando di mano in mano come testimone di un destino che pare giocare casualmente le sue carte.
La tabaccheria di Otto Schmitt
di Irene Schiavetta
Il ciliegio
17 euro