Limone affida la vita della sua gente alla lingua e lo fa attraverso questo vocabolario del suo “bel parlär”. Consegnato nelle mani di “persone semplici, digiune di filologia e lontane da complicate strutture fonetiche e storiche”, il libro si preoccupa di essere una ricca raccolta di termini che scaturiscono dalla vita quotidiana, prima ancora di ossequiare un accademismo linguistico non sempre di agevole utilizzo ai fini del ricordo.
La struttura è quella classica del dizionario: ordine alfabetico, qualifica grammaticale e relativa traduzione in italiano. Si arricchisce di qualche digressione grammaticale, sfogliandolo però ci si accorge che l’esigenza di essere memoria e testimonianza di un tempo passato prevale e informa tutte le pagine le quali dunque si completano con brevi annotazioni sulle parole volte a definire il contesto lavorativo, culturale, religioso del loro uso.
Il ricordo passa anche attraverso le immagini. Disegni, fotografie illustrano molti dei termini che vengono raccolti. Servono per rendere presente, almeno visivamente, oggetti che un tempo erano di uso quotidiano e oggi spesso giacciono in soffitta senza alcuna considerazione. Le persone sono il tramite per la lingua e memoria. Sono loro a usarle, tramandarle. Per questo c’è spazio anche per molte fotografie: volti che sono custodi di un tempo passati o hanno contribuito alla compilazione, magari inconsapevolmente, del vocabolario perché le pagine nascono dalla frequentazione assidua della gente di Limone.
Lu bel parlar ‘d Limun
di Romano Fiandra
Primalpe
25 euro