Cuneo – Con le ultime due arringhe difensive è giunta a conclusione l’istruttoria del processo sui furti di materiali ferrosi nel cantiere per il raddoppio del tunnel del Tenda. In aula hanno parlato i difensori di L. M., per il quale l’accusa aveva chiesto la condanna a cinque anni e sei mesi per il furto del ferro e la detenzione illegale di esplosivi: “L’accusa contesta un unico episodio in cui il mio assistito è stato trovato ad aiutare nel carico del centine – ha detto l’avvocato Verra -, neanche una volta è stato sentito parlare di vendita di ferro, ma è stato lui stesso a riferire agli inquirenti che più volte gli era mancato il ferro per la prosecuzione dei lavori. Mi è stato insegnato che per commettere un reato occorre una volontà, l’elemento soggettivo, che in questo caso manca completamente, così come manca il reato stesso, poiché tutti hanno riferito che il ferro inutilizzato, nuovo o vecchio che fosse, andava smaltito perché negli spazi ristretti di un cantiere in montagna non era possibile conservarlo”.
Stesso discorso per l’accusa di irregolarità nella detenzione del materiale esplosivo di cui L. M. in quanto capocantiere aveva la responsabilità: “Un capo d’accusa generico su cui lo stesso giudice delle indagini preliminari aveva chiesto l’archiviazione per il dubbio che il materiale esplosivo si trovasse in territorio francese, dove vige una legislazione diversa – ha detto l’avvocato Racca -, e in ogni caso c’erano sul cantiere tre operai specializzati in conservazione e utilizzo del materiale esplosivo a cui L. M. si limitava a indicare quanto esplosivo utilizzare e dove piazzarlo in base al lavoro programmato”. Per lui gli avvocati hanno quindi chiesto la piena assoluzione, così come è stata chiesta l’assoluzione dall’avvocato Mansueta Mureddu per G. A., capocantiere fino al 2015 e “solo per quanto riguardava le opere esterne di allestimento del cantiere tra cui la demolizione dei vecchi edifici della dogana, un lavoro che prevedeva lo smaltimento del ferro vecchio, l’unico tipo di ferro di cui si è occupato il mio assistito e per il trasporto del quale si era intestato una fattura”.
Fino al 2016, ha proseguito la difesa, la società di costruzione non si era assolutamente interessata allo smaltimento del ferro inutilizzato perché non era rifiuto pericoloso e semplicemente andava smaltito per fare spazio nel cantiere. “Con i soldi di quella vendita venne pagata una cena per tutti gli operai del cantiere; se voleva rubare pagava una cena con gli operai?”. Se c’è stata irregolarità nell’intestazione di quel trasporto di materiali, secondo la difesa, “si può tutt’al più parlare di illecito amministrativo, non certo di furto”. Il processo è stato quindi rinviato al 13 gennaio per le repliche e per la sentenza.