Vinadio ricorda i settecento anni della sua chiesa parrocchiale con la pubblicazione di un volume-guida che ripercorre la storia non solo dell’edificio, ma anche del paese con uno sguardo che si allarga all’intero territorio.
1321 è infatti la data scolpita sul portone della chiesa di San Fiorenzo, anche se a ben prima risalgono testimonianze della presenza di religiosi al servizio della comunità locale. Intorno a questo edificio si costruisce l’intero ampio lavoro di carattere storico e artistico che è confluito nel volume.
Vinadio zona di confine e di passaggio
La strategia militare parla della posizione del paese come luogo privilegiato di controllo dei movimenti in arrivo dall’altra parte del crinale alpino. In realtà si tratta di un territorio con una vocazione da sempre connessa al passaggio di persone prima, di eserciti poi. La linea di spartiacque non è lontana. I colli al culmine della valle Stura o del vallone di Sant’Anna aprono su aree affini economicamente ma anche culturalmente a quella vinadiese. Lo sguardo dunque si apre a sostenere un concetto ampio di comunità che si rende disponibile all’incontro, allo scambio.
Un’esperienza sottolineata dalla stessa struttura della provincia romana delle Alpes Marittimae di cui Vinadio viene a fare parte come conclusione del processo di romanizzazione agli albori dell’era cristiana. “La formazione della provincia alpina – si sottolinea – denotava una vivace coesione intervalliva delle tribù di questi territori montuosi, con una struttura che tende più ad unire tra loro che non con la pianura”.
La vocazione al passaggio nel corso della storia può però anche connotarsi in tratti drammatici. Vinadio si trova a dover sopportare gli eventi politici di un’Europa irrequieta che comporta instabilità politica anche nel piccolo comune montano. Di qui passano gli eserciti che scendono verso la pianura oppure salgono quelli delle signorie italiane con mire espansionistiche verso la Provenza. Il paese è dunque luogo militarmente strategico come ben testimonia l’opera più imponente, l’ottocentesco Forte Albertino.
Una chiesa “cuore unificante della comunità”
Nell’epigrafe del 1321 sono riportati due nomi: il papa Giovanni XXII e il re Roberto d’Angiò, come dire l’autorità politica e quella ecclesiale regnanti in quel momento con una sottintesa consapevolezza, nuovamente, di essere inseriti in una dimensione più ampia che va ben oltre i territori del comune. Si guarda a due personaggi che rappresentano l’universalità. Si invitano i credenti a vivere la propria esperienza di fede nell’edificio con uno sguardo aperto ad una comunità che non è solo collettività, ma condivide ideali e professa la propri religiosità.
Con analogo sguardo aperto alle relazioni, viene letto anche il capitolo storico precedente a quella data. È il momento in cui l’ordinamento giuridico prevede una pieve come “centro della gestione pastorale, con battistero per accogliere i nuovi fedeli e con la responsabilità di provvedere i preti per le celebrazioni nelle chiese dipendenti nei vari paesi”. È il caso di Vinadio in cui è documentata la presenza di un sacerdote fin dal 1165 e anche di una chiesetta collegata alla pieve di Demonte.
La parrocchia vera e propria come sede delle attività pastorali si formerà in seguito e richiederà la dotazione di nuove strutture: il campanile per convocare i fedeli, il battistero, il pulpito, i confessionali. L’edificio diventa il cuore dell’esperienza religiosa di un intero paese. Lo si sente pienamente vicino, intimamente legato alle vicende della comunità civile. Di qui i ripetuti interventi di ampliamento, di ristrutturazione, tra cui l’ardito intervento alla base dell’antico campanile, persino di difesa orgogliosa dell’edificio che porta Carlo Alberto a modificare il progetto stesso della costruenda fortificazione per salvare la chiesa parrocchiale.
In visita alla chiesa
Dalla storia a quanto l’edificio restituisce oggi dei secoli passati. Il cammino che viene offerto dalla pubblicazione procede dall’esterno all’interno. Il campanile e il portale, poi gli altari e il tesoro della sacrestia sono descritti minuziosamente e costituiscono la premessa per le considerazioni per una nuova sistemazione dello spazio sacro.
Di nuovo quello che può apparire un apporto di tipo esclusivamente artistico o estetico, viene ricondotto alla sua funzionalità originaria che è quella del servizio alla liturgia. Spazio sacro dove l’umano porta e depone sull’altare le proprie giornate in un dialogo col divino che il bene artistico o architettonico deve sostenere.
Dalla chiesa al territorio
Quel fondamentale tessuto di relazioni che questa pubblicazione ripetutamente mette in evidenza, torna a manifestarsi nell’allargarsi dell’orizzonte. La chiesa di Vinadio è inserita in un territorio di cui vengono enucleati alcuni significativi aspetti talora ancora connessi a storici edifici altre volte strettamente legati alla vita economica dell’area.
Ai primi fanno riferimento le schede relative a Sant’Anna di Vinadio, alla chiesa di San Giovani Battista ai Bagni, al Forte Albertino. È ancora un percorso a metà fra storia, arte e odierne prospettive di utilizzo.
Ai secondi invece si connettono i richiami alle risorse del suolo a cominciare dall’acqua, fonte di energia (diga di Riofreddo e centrale di Goletta), ma anche di salute (le Terme con citazioni di origine romana), per arrivare a riflessioni di tipo più economico sulle attività agricole o pastorali, sulle opportunità ancora da sfruttare pienamente nel versante turistico.
Vinadio 1321-2021
di Gianmichele Gazzola
Primalpe
16 euro