Envie – Si erano presentati come tecnici addetti al controllo contro le fughe di gas e don Adriano Calandri li aveva ricevuti nella canonica della sua parrocchia in frazione Occa. In quell’occasione le due persone che lo avevano incontrato ebbero modo di ottenere una serie di informazioni utili per mettere a segno il furto con cui il 7 dicembre 2017 rubarono qualche centinaio di euro in contanti ma, cosa ben più grave, numerosi assegni del blocchetto conservato in un cassetto del suo ufficio e un timbro della parrocchia e la chiave di riserva dei locali. Gli assegni sottratti erano stati prelevati con tutte le matrici, in modo da non destare sospetti nell’anziano parroco. Quegli assegni vennero incassati a partire da febbraio 2019, uno o due al mese per importi di poco inferiori ai 3.000 euro, tanto da non rientrare nel circuito nazionale di sicurezza che impone doppie verifiche sulle firme. Nell’arco di un anno, da febbraio a dicembre 2019, vennero prelevati dal conto di don Calandri circa 50.000 euro. Con l’accusa di furto, truffa, uso di atto falso e sostituzione di persona sono processati davanti al tribunale di Cuneo M. L., A. L., M. M. e L. G., tutti residenti nella provincia di Vercelli e sottoposti a un altro processo per identici reati commessi ai danni altri cinque prelati con un bottino di circa 100.000 euro. In giudizio si è costituita parte civile la famiglia del parroco, scomparso quest’anno, con l’avvocato Enrico Gallo. Quando il 28 dicembre 2019 M. L. chiamò la casa di riposo dove risiedeva il parroco, spacciandosi per un ingegnere al solo scopo di accertarsi che la canonica fosse vuota, la telefonata venne intercettata dagli agenti della Squadra Mobile di Vercelli che erano da tempo sulle tracce dei quattro. Gli agenti capirono subito di essere di fronte a un’altra vittima della banda e riuscirono a bloccare gli ultimi due assegni che erano stati messi all’incasso ai primi di gennaio 2020. Gli agenti parlarono con il parroco ed emerse tutta la vicenda. La telecamera di sorveglianza della canonica aveva anche ripreso la Fiat Punto con cui L. G. e M. M. il 29 dicembre erano entrati nell’edificio per prendere gli ultimi assegni incassati ma tempestivamente bloccati dalla Questura. Nel corso dell’ultima udienza il pubblico ministero Attilio Stea ha riformulato il capo d’imputazione con ulteriori contestazioni e l’udienza è stata quindi rinviata al 28 marzo.