Ceva – È proseguito al tribunale di Cuneo il processo per estorsione a carico di quattro persone le cui vittime, due coniugi residenti nel cebano, colpevoli solo di aver voluto fare un’opera di beneficenza acquistando riviste. Era stato fatto loro credere che fossero legate alle associazioni di volontariato verso cui sentivano in debito di riconoscenza per quanto fatto in occasione delle alluvioni 1994 e 2008. In realtà le tre opere proposte per telefono e recapitate a casa, per le quali pagarono complessivamente quasi 400 euro, furono solo l’anticamera di una estorsione che proseguì per più di un anno a cavallo tra il 2017 e il 2018. “Una volta al telefono parlai con una persona che si presentò come il cancelliere del giudice di pace di Roma – aveva riferito in aula il marito – dicendo che dovevo pagare 9.000 euro per un abbonamento che avevo sottoscritto ma che potevo avere una riduzione se avessi subito fatto un bonifico di 6.800 euro”. A febbraio 2018 arrivarono a ricevere fino a 15 telefonate al giorno, al punto che la coppia era terrorizzata; all’uomo era venuta la tachicardia, i due ormai avevano paura al solo squillo del cellulare. In una telefonata a fine febbraio, l’uomo passò il telefono alla figlia, alla quale un certo signor Carini (che si presentò come mediatore presso l’ufficio del giudice di pace di Roma) ripropose lo stesso pagamento. La ragazza si recò dai Carabinieri che le dissero di non pagare nulla e di denunciare il fatto. Alla successiva telefonata, ha raccontato la ragazza in aula, il tono dell’uomo “si fece minaccioso quando dissi che mi ero rivolta ai Carabinieri e disse che avrebbe promosso una causa contro mio padre, ma da allora non si sono più fatti sentire”. Nel corso dell’ultima udienza sono stati ascoltati in aula due testimoni della difesa, i dipendenti delle due ditte di commercializzazione dei volumi, la “R. C. M. Diffusione” e la “Abbonamenti Italia”, i quali hanno riferito che nelle loro aziende si vendevano prodotti di case editrici, riviste e libri, che parlavano dei corpi di pronto intervento ma che non appartenevano a quelle associazioni; hanno inoltre riferito che non si facevano propriamente abbonamenti ma vendite di volumi unici, pagabili con contrassegno, cioè alla consegna, e che quindi non avevano alcun motivo di fare azioni di recupero credito. L’udienza è stata rinviata al 20 aprile per gli ultimi testimoni e la discussione.