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Domenica 22 dicembre 2024

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Processo per sfruttamento di lavoratori nella frutta e in allevamenti

Le versioni degli imputati tra difficoltà di mercato e la necessità di pagamenti in nero, oltre ai rapporti diretti tra i giovani lavoratori e il "coordinatore"

La Guida - Processo per sfruttamento di lavoratori nella frutta e in allevamenti

Lagnasco – “Sono stati anni difficili, per la malattia delle piante di kiwi, per l’embargo della Russia, per la transizione dalla produzione convenzionale al biologico. Pagavamo una piccola parte della retribuzione in nero, l’unico modo per andare avanti, ma se i lavoratori chiedevano di mettere tutta la retribuzione in busta paga lo facevamo”. È questa la versione fornita in aula da D. G. produttore frutticolo, uno degli imputati al processo per il caporalato denominato Momo, dal soprannome del lavoratore del Burkina Faso che aveva fatto da mediatore tra i lavoratori stranieri e le due famiglie di produttori di frutta e polli che secondo l’accusa avrebbero approfittato dello stato di bisogno dei giovani immigrati per imporre condizioni di lavoro illecite. Tutto il resto, dalla richiesta di restituzione di parte dello stipendio per il pagamento della parte contributiva spettante al datore di lavoro o per la chiusura annuale del contratto, alla mancanza di dispositivi antinfortunistici per lo svolgimento del lavoro, sono accuse rigettate dall’imputato, che ha invece riferito del malcontento dei lavoratori nei confronti di Momo, anche lui imputato al processo: “Quando lui andò via alcuni lavoratori mi raccontarono che Momo li costringeva a lavorare di notte per un’altra azienda e chiedeva mazzette per farli lavorare”. Una versione dei fatti confermata dalla madre M. B., anche lei imputata nel processo, che nell’azienda si occupava della parte amministrativa. La signora ha raccontato di quando, nel freddo inverno del 2012, avevano iniziato a ospitare i lavoratori in cascina, del fatto che chiedevano una cauzione per eventuali danni, che veniva restituita con l’ultima busta paga e il pagamento delle bollette di luce e gas; ha confermato la quota di stipendio in nero per risparmiare su tasse e contributi. “Erano anni molto difficili con la malattia dei kiwi, la crisi delle pesche che vendevamo sottocosto, l’embargo della Russia sui prodotti alimentari, la riconversione al biologico; abbiamo cercato di risparmiare qualcosa su tasse e contributi, pagavamo in contanti 50-100 euro ma non sempre e non a tutti”. Entrambi hanno riferito di non sapere che alcuni loro dipendenti andavano di notte a lavorare anche per un’altra azienda: “Lo abbiamo saputo quando Momo ebbe l’incidente in auto. Gli dicemmo che non poteva lavorare di giorno e di notte e che avrebbe dovuto scegliere”.
Per quanto riguarda gli altri imputati, gli allevatori di polli, sono stati ascoltati un ex dipendente e il consulente del lavoro che si occupava delle buste paga dei lavoratori. L’ex dipendente ha riferito di aver lavorato a lungo per A. D. e che era stato assunto regolarmente; sapeva che Momo prendeva soldi dai ragazzi che portava all’allevamento. Lui vedeva che i ragazzi ogni tanto cambiavano e sapeva che Momo lavorava anche nel settore della frutta ma non sapeva se era così anche per gli altri ragazzi. Per ultimo ha deposto il consulente del lavoro che si occupava dei contratti, spiegando i vari inquadramenti dei lavoratori all’interno della cooperativa, aggiungendo che non avevano mai riscontrato irregolarità sui dipendenti assunti. La prossima udienza si svolgerà il 7 febbraio.

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