Valerio Berruti è ormai un nome molto conosciuto nel mondo dell’arte, un nome che dalla provincia di Cuneo ha conquistato il panorama mondiale. I suoi bambini sono diventati il suo segno inconfondibile. Bambini che rimangono tali ma crescono in dimensione, disegni piccoli tracciati con un solo gesto, senza staccare la matita dal foglio fino alle gigantesche carte che pendono dal soffitto, le piccole terracotte fino alle grandi sculture, i video e i libri e alla fine i suoi bambini rimangono bambini ma di un’età in fondo indefinita. E nei suoi fanciulli c’è lo spirito della bellezza, dell’incanto ma anche dell’irrazionalità e dekla straordinaria sensibilità che caratterizza l’infanzia e che a poco a poco si perde crescendo. I bambini di Berruti, con le loro espressioni interrogative ma che al tempo stesso sembrano già conoscere tutto, appaiono come appena usciti da una fiaba, sospesi in una dimensione senza tempo e perciò universale: incarnano una condizione, l’infanzia, che tutti attraversano e in cui tutti possono identificarsi. Ogni sua opera è quindi un inno alla vita, ma al tempo stesso un promemoria che rievoca ricordi di un passato lontano ed esorta a tenerli sempre bene a mente, perché il bambino che siamo stati non smetta mai di accompagnarci.
Laureato in critica d’arte al Dams di Torino, Berruti vive e lavora a Verduno in una chiesa sconsacrata del XVII secolo che ha acquistato e restaurato nel 1995, dove nascono le sue creazioni. Juta, cemento, affresco e pixel. Il mondo di Valerio Berruti è poetico quanto eclettico. Il suo lavoro è lontano anni luce dall’autocelebrazione perché, al contrario, ama fondersi con espressioni artistiche diverse, che si tratti di musica, di letteratura o perfino di cucina. L’artista utilizza l’antica tecnica dell’affresco, la scultura e la videoanimazione per creare immagini essenziali, ispirate al mondo sospeso dell’infanzia, il momento della vita in cui tutto deve ancora avvenire.
“L’arte secondo Berruti – scrive Vittoria Cortese – è un’azione sinergica che esplora, indaga, si lega ad altre forme e sfonda le barriere convenzionali. Solo così può uscire dai musei ed arrivare dappertutto, solo così si completa, soltanto così può essere libera”.
Berruti infatti, da sempre, sostiene di voler portare l’arte in altri territori. “Quante persone visitano i musei? Quante frequentano le gallerie? E quante conoscono l’arte contemporanea?” Si domanda, lasciando sottintendere che l’arte si sia allontanata dalla gente comune. “È necessario fare in modo che le persone abbiano più stimoli ad interessarsene, guardo con ammirazione le iniziative personali e private. Penso ad Illy Caffè che con le sue tazzine d’autore ha fatto conoscere Anish Kapoor e Kiki Smith anche al più refrattario dei clienti di un bar”. Perché l’arte secondo Berruti è così, ti deve venire a cercare, bussando delicatamente alla tua porta o esplodendoti innanzi, poco importa.
Nel 2009 è stato il più giovane partecipante alla 53a Biennale di Venezia dove ha presentato una video animazione, con la musica di Paolo Conte, composta da 600 disegni affrescati. Nel 2011 il suo video Kizuna, esposto al Pola Museum di Tokyo con la colonna sonora appositamente scritta da Ryuichi Sakamoto, è diventato un progetto benefico per la ricostruzione del Giappone dopo la devastazione dal terremoto. L’anno successivo è stato selezionato per il progetto internazionale Luci d’Artista di Torino e ha realizzato un’opera permanente di land art alla Nirox Foundation di Johannesburg.
Nel 2018 ha iniziato a lavorare al cortometraggio animato, coprodotto da Sky Arte, La giostra di Nina, con la colonna sonora di Ludovico Einaudi. La grande giostra è stata esposta nell’autunno del 2018 nella Chiesa di San Domenico di Alba e nel 2019 al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo mentre il cortometraggio, dopo l’anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma, sta tuttora partecipando ai principali festival cinematografici internazionali. Costituita da una successione animata a mano di più di 3000 disegni, ha come soggetto la storia della piccola Nina, una giostraia, e di un ragazzo quasi adulto, ma dentro ancora bambino, Geppo (liberamente ispirata ad un racconto di Filippo Bessone).
Alcune opere significative Valerio Berruti si erano viste a Cuneo in San Francersco nell’edizione grandArte 2016/2017 nella mostra “Le spine della complessità” con Ugo Giletta, Marco Viale e Nicola Bolla. Ora una di quelle opere fa parte della mostra “Pittura in persona. La nuova Collezione della Fondazione CRC”, che mette in mostra una selezione di dipinti recenti realizzati da oltre 30 artisti emergenti, tutti acquisiti dalla Fondazione CrC negli ultimi anni attraverso il progetto ColtivArte che rappresentano le nuove tendenze globali dell’arte contemporanea internazionale, con una particolare attenzione all’utilizzo della pittura come linguaggio espressivo. La mostra è aperta al pubblico, sempre in San Francesco fino a domenica 6 marzo, dal martedì al sabato dalle 15,30 alle 18,30, la domenica dalle 10,30 alle 18,30.