Cuneo – Aveva parcheggiato l’auto davanti al passo carrabile di un palazzo di piazza Galimberti ed era entrato in un negozio. Quando F. G., avvocato cuneese, provò a uscire con la propria auto dal cortile dell’edificio dove si trovava il suo ufficio, si trovò il passo sbarrato dall’auto di F. F., che stava tranquillamente consumando un panino nel negozio vicino e che è stato rinviato a giudizio con l’accusa di violenza privata. “Capita che le auto parcheggino in quel modo ostruendo il passaggio – ha riferito l’uomo in aula -. Ho dato un colpo di clacson, di solito le persone sentono, escono e spostano l’auto”. Invece la sera dell’8 maggio 2020 c’era F. F., personaggio noto alle forze di polizia per vari precedenti e noto anche sui social per aver postato un video in cui si riprendeva mentre si metteva all’inseguimento di un’auto che lo aveva appena sorpassato. F. F. vide l’auto bloccata, ma rientrò come se la cosa non lo riguardasse, come se l’auto non fosse sua. Dopo circa 15 minuti di attesa, F. G. chiamò il 112 per richiedere un intervento delle forze dell’ordine e attese ancora. Dopo qualche minuto F. F. uscì dal locale e si avvicinò alla propria auto.
Da vicino l’avvocato riconobbe l’autore del video e temendone la reazione richiamò il 112 affinché velocizzassero l’intervento. L’imputato lo vide al telefono e si avvicinò dando botte allo sportello e poi pugni sul cofano della sua auto, condendo il tutto con insulti; poi salì in auto e se ne andò. Grazie alla descrizione fornita dalla parte offesa, F. F. venne identificato e poi accusato di violenza privata. Per lui l’accusa aveva chiesto una pena di un anno e sei mesi di reclusione. Nessuna intenzione volontaria da parte di F. F. di ostruire il passo alla parte offesa, ha ribattuto il difensore dell’imputato, solo una reazione scomposta da parte di una persona piuttosto fumantina alla richiesta di spostare la propria auto. Una reazione scomposta compensata da una lettera di scuse che è stata accolta dalla parte offesa. Una reazione maleducata e scomposta che anche il giudice non ha riconosciuto come violenza privata, assolvendo l’uomo per insussistenza del fatto (immagine generica).