Sgretolare i luoghi comuni che hanno una diffusione più rapida di qualunque epidemia e il più delle volte rischiano di fare gravi danni al sistema sociale. Il compito che si assume Carlo Greppi, storico e divulgatore torinese, è una lotta impari, ma utile per imparare a vivere anche senza tante ansie, liberi dalla dittatura del “sentito dire”.
Le armi che utilizza in questo percorso a ostacoli sono di tipo razionale e scientifico. Il principio metodologico è sempre quello di opporre alla superficialità delle “frasi fatte”, un’analisi coerente e stringente, fondata su dati verificabili perciò razionalmente inoppugnabili. Il che non conduce però ad argomentazioni complesse. Il taglio divulgativo in questo caso è complementare ai fondamenti razionali indispensabili. Detto questo, rimane la sensazione che sia comunque lotta impari perché i luoghi comuni rispondono a una logica che rifugge dal confronto dialettico. Un muro di gomma per cui potrà anche essere vera la confutazione, ma si rimane pregiudizialmente sulle proprie posizioni acquisite frettolosamente.
Ed è comportamento alquanto diffuso se solo si scorre l’indice che elenca i venti luoghi comuni dove è facile ritrovarsi almeno come tentazione difensiva, come motivazione ad un agire non conforme alla coscienza. In questo senso, tra le righe, non è difficile scorgere appelli a comportamenti civili non fondati su un’adesione immediata al “sentito dire”.
Nello stesso indice però è da notare come alcune parole siano sottolineate dal grassetto. Evidenziano i punti nodali intorno a cui ruota la confutazione dell’autore che, dal punto di vista metodologico, riconosce alle parole il loro peso specifico e le utilizza per smontare sondaggi o acquisizioni di comodo che poi si traducono spesso in comportamenti. Cosicché più volte ci si ritrova a fare i conti, prima ancora che con i dati oggettivi, con il proprio modo di leggerli influenzato dal comune chiacchiericcio.
Si stava meglio quando si stava peggio
di Carlo Greppi
Chiarelettere
15 euro