Editore intellettuale, scrittore originale, Roberto Calasso, fondatore e direttore editoriale della casa editrice Adelphi, è morto ieri a Milano. Aveva 80 anni ed era malato da tempo. Con la sua attività, Adelphi è diventanta uno dei marchi più importanti nell’editoria europea e non solo.
In ricordo pubblichiamo una recensione di uno suo libro che da molti è stato definito il più “adelphiniano” tra le sue pubblicazioni, perché unisce in un tutt’uno la voglia di scrivere e il suo essere editore, una sorta di alleanza, di “fratellanza” tra libri e culture. D’altra parte Adeplhi, il nome che nel 1962 ha scelto per la sua casa editrice è una parola greca che significa “fratelli, sodali”, e il logo un pittogramma cinese, conosciuto come “pittogramma della luna nuova”.
Capire Kafka, una delle figure emblematiche della letteratura moderna non è facile e Roberto Calasso cerca di far lo in un libro tra romanzo e saggio, tra guida turistica e indagine poliziesca. “K.” è narrazione, ben lontano da un libro di critica, perché l’autore si mesco la al flusso, al movimento, alla fisiologia delle storie.
Nessuno scrittore moderno è efficace come Kafka. E nessuno provoca una sensazione così acuta di incertezza. In numerevoli volte si è formulata la domanda: di che cosa parlano le storie di Kafka? Sono sogni? Sono allegorie? Sono simboli? Sono cose che succedono ogni giorno? Non si può dire che le innumerevoli risposte si siano rivelate, alla fine, del tutto soddisfacenti. Questo libro di Calasso segue un’altra via: non dissipare il mistero, ma lasciare che venga illuminato dalla sua stessa luce. Kafka scrisse tre romanzi incompiuti: “Il disperso”, “Il processo”, “Il Castello”. Ma non erano incompiuti soltanto per ché mancavano ancora alcuni episodi. Piuttosto, era come se fossero stati concepiti per prolungarsi indefinitamente, anche oltre il loro autore. Il quale, da una parte, custodiva ih sé un’esperienza cifrata, inaccessibile, protetta dal “corvo segreto” che sempre gli aleggia va intorno. E dall’altra possedeva il dono di dare nome e forma a cose di tutti e di sempre.
“Un comportamento che ricorda quello che si osserva nei lettori di Kafka. Spaesamento, sconcerto, stupore. Eppure sanno esattamente dove si trovano e perché”.
Capire quei romanzi implicava ripercorrerli e proseguirli, per svilupparli an cora, come si sviluppa un dettaglio di una fotografia o come da un ramo si sviluppa un ramo minore. E implicava anche mescolarsi al corso, al movimento, alla fisiologia di quelle storie. Sino al punto di trovarsi in un mondo costitui to quasi soltanto dagli scritti di Kafka.
K.
di Roberto Calasso
Adelphi
18,50