“Aveva un’anima mistica che lo portava con la sua fine umanità e spiritualità verso l’esperienza profonda di Dio senza che mai questo lo allontanasse dalla realtà e meno di meno dagli altri”: parole con cui il Rettore maggiore dei Salesiani don Pascual Chavez Villanueva ricorda don Giuseppe Giorgis, nato a San Benigno nel 1936. Sono parole che forniscono anche una chiave di lettura della figura di questo sacerdote che visse tutto il suo ministero in Medio Oriente, tanto che i ritorni in Italia appaiono ai parenti come passaggi di un pellegrino.
Nelle annotazioni di don Giorgis, che costituiscono il nucleo fondamentale della pubblicazione, ci si aspetterebbe di trovare riferimenti espliciti alla sua attività pastorale, alla presenza tra i giovani, se non addirittura rimandi alla tormentata situazione politica, sociale e religiosa di quelle regioni. In fondo lui stesso ricorda la sua vocazione come “essere un altro Cristo nel mondo”.
Invece poco traspare di tutto ciò. Ne parla solo provocato dalle interviste pubblicate alla fine. L’unico accenno esplicito tra le sue annotazioni è all’intifada quando si trova a Cremisan, ma solo perché vede limitata la sua attività e ammette: “mi mancano i giovani”. Tutto sfuma invece nell’urgenza di “abbattere i muri del disordine con i fratelli”, nel desiderio di fare comunità, ma soprattutto quasi svanisce nella ricerca costante del rapporto con la Parola e con Dio.
Il deserto, la contemplazione, il silenzio, fino ad “abbattere il muro della parola”, lì don Giorgis indica la sorgente della sua vocazione, del suo stare nel mondo. Sono intere pagine di meditazione che non scandiscono una vita: solo qualche data a partire dal 2012 per tre anni fino alla morte. Il resto della sua lunga esistenza va letto alla luce di queste pagine in cui le tappe del tempo sembrano sciogliersi in un flusso continuo.
Piuttosto esse tratteggiano una dimensione interiore “imbevuta dello Spirito di Gesù”, libera dallo “spirito del mondo”. La sintesi efficace arriva poco dopo: “finché non ti lasci conquistare da Dio, non concluderai niente nella vita dello Spirito e neanche nella vita pratica”. Ecco il mondo che viene recuperato, ma di nuovo quasi solo come fugace richiamo alla dimensione della vocazione salesiana, perché poi il cammino con don Giorgis procede sempre in chiave meditativa, più spesso come dialogo in solitudine con Dio.
L’anima mistica è però anche l’anima di un uomo ben consapevole delle sue radici. Lo conferma l’ampia documentazione dedicata alle lettere indirizzate ai parenti che testimoniano i forti legami con la famiglia d’origine. Anche in questo caso torna a trasparire la figura di un uomo dal “temperamento mite, equilibrato e una buona dose di sapienza”.
Giuseppe Giorgis Un cuneese in Medio Oriente
a cura di Gian Michele Gazzola
Primalpe
15 euro