Per avere un quadro fondato delle ingiustizie diffuse in questa nostra società, il libro di Elisa Pazé è strumento ideale almeno per due motivi.
Anzitutto c’è la competenza dell’autrice: magistrato, si occupa di reati economici, mansione che traspare evidente nella dovizia di informazioni che fornisce sull’argomento affrontato. La sua sensibilità, per altro, l’ha già portata a riflettere sulle diseguaglianze nel trattamento penale
D’altro lato le sue considerazioni appaiono equilibrate. Se per il senso comune quasi scontato appare il titolo, non deve sfuggire quella parolina “anche”. Comunque la vogliamo vedere il risultato non varia. Se la consideriamo congiunzione dice che la questione del rubare non coinvolge solo le fasce povere della società. Per questo il libro rifugge da facili annotazioni polemiche, da divisioni manichee della società. Se la vogliamo invece intendere come avverbio sottolinea la meraviglia diffusa per cui ci si può stupire che chi ha denaro in abbondanza ancora ne voglia.
“Eppure ai ricchi si perdona qualsiasi cosa”, riflette con amarezza l’autrice. A cominciare dal linguaggio dove c’è una certa tolleranza nel ricercare termini diversi senza usare il più diretto ed esplicito: furto. Appellandosi a Trilussa, la sintesi è chiara: “la serva è ladra, la padrona cleptomane”. Situazione comunque figlia di una “scala distorta di valori” per cui, per esempio, l’immigrazione irregolare è più dannosa del pagamento di tangenti
Tuttavia è vero che questi termini individuano forme diverse di delinquere spesso subdole, meno “convenzionali”. È anche questo che per l’autrice rende difficile perseguire penalmente i reati, compito per altro non facilitato dalla normativa troppo spesso soggetta a interpretazioni contraddittorie, sempre comunque a favore del “ricco”.
Considerazioni che conducono a una lettura più in profondità della società e della stessa opinione diffusa. C’è un “populismo penale” per cui la delinquenza è solo quella di strada e sorvola su quella finanziaria. C’è un passaggio dallo stato sociale allo “stato di sicurezza” per cui “la povertà è stata ridotta a problema di politica criminale”. C’è una tolleranza ideologica per cui certi reati sono “giustificati con la necessità di non inceppare l’economia”.
I capitoli del libro prendono poi in considerazioni i volti diversi del delinquere dei potenti compresa la classe politica. Il quadro è amaro, forse anche sconfortante, ma il compito assuntosi dal libro è guardare la realtà nella consapevolezza che “non è ancora la giustizia sociale, ma la pretesa che la legalità non sia costantemente disattesa da chi la invoca e che i potenti rispettino le leggi, può contribuire ad arginare le prepotenze dei privilegiati”.
Anche i ricchi rubano
di Elisa Pazé
Gruppo Abele
14 euro