Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata al nostro settimanale dall’associazione Granda Canoa Club che racconta una bella storia, quella di Marco, un bambino e… Niente, solo un bambino.
Ci sono storie che meritano di essere raccontate, anzi, che abbiamo il dovere di raccontare.
Un paio di settimane fa, si sono presentati, alla segreteria della nostra associazione (Granda Canoa Club), due genitori. Uno degli istruttori del nostro Team li conosceva già perché aveva portato in canoa loro figlio qualche anno fa.
Marco, allora, aveva sei anni ed aveva evidenti problemi di controllo. La lezione di canoa era sempre problematica perché l’istruttore non sapeva mai quando il bambino avrebbe smesso di ascoltare e sarebbe diventato ingestibile.
La mamma di Marco si è presentata da noi in modo timido e un po’ imbarazzato. Di fianco a lei il figlio, più alto, più grande, più composto. Il bambino ha riconosciuto subito il nostro istruttore, gli è andato incontro, lo ha abbracciato e gli ha detto: “Fulvio, mi sei mancato tanto!”
Abbiamo chiacchierato con questi genitori per un po’, del più e del meno, di quanto fosse cresciuto Marco negli anni in cui non lo avevamo più visto e dei percorsi didattico-educativi che stava seguendo da qualche anno a Torino.
Marco ci ronzava intorno ed era evidente che in questi anni era cresciuto molto e chi stava lavorando con lui, gli stava dando gli strumenti giusti per gestire il suo problema.
Ho dimenticato di dire che Marco è un bambino con sindrome autistica sotto il lato linguistico cognitivo e borderline con la sindrome di Asperger.
Ma torniamo al racconto….
Dopo circa mezz’oretta di chiacchierata, la mamma di Marco ci ha posto una domanda con l’atteggiamento di chi “ci prova” ma sa già la risposta: “non è che per caso, anche Marco potrebbe fare la vostra estate ragazzi?”
Non ci ha dato il tempo di rispondere aggiungendo: “Anche solo qualche ora, magari non tutti i giorni, lo so è un problema, vabbè magari il prossimo anno, forse… tranquilli capisco!”
Mi ha colpito, come questa mamma, in pochi secondi avesse manifestato tutta la sua rassegnazione. La rassegnazione di dover accettare che il figlio, con delle problematiche, ottenesse normalmente un NO come risposta.
Mi sono passati mille pensieri in quell’istante ma ho preferito tacere. Ho incontrato lo sguardo dell’istruttore e, forse perché ci conosciamo da tanti anni, in quello sguardo abbiamo imbastito un lunghissimo dibattito fatto di se, di ma, di no, di si.
“Sì, cara mamma di Marco!” Abbiamo risposto quasi in simultanea.
“Sì cosa?” Ha risposto lei.
“Sì, Marco può frequentare la nostra estate ragazzi!”
Non credo di aver mai visto un sorriso così aperto e gioioso nella mia vita.
La sera stessa, ho indetto una riunione online con tutto il Team. Ho comunicato a tutti, istruttori, educatori e alla psicologa che in quella settimana specifica ci sarebbe stato Marco. Ci siamo confrontati a lungo, ipotizzando situazioni complicate e cercando soluzioni preventive. Non nego che, dal meet, è trapelata la preoccupazione di tutti di non essere capaci di gestire quel sì detto a quella mamma così desiderosa di trovare un’opportunità per il figlio e nello stesso tempo così disillusa dalla realtà.
Lunedì mattina alle 8,00 è arrivato Marco, scortato dai suoi genitori palesemente agitati ma anche emozionati.
Da qui in poi non c’è molto da dire.
Marco ci ha reso il lavoro semplice ed entusiasmante perché le nostre preoccupazioni si sono rivelate infondate.
E’ stato lui ad accompagnarci per mano in quel mondo, il suo, fatto di educazione, gentilezza ed autoironia.
Una settimana trascorsa tra battute e risate.
Pensavamo, sbagliando, di doverlo trattare in modo diverso, più attento, più protettivo, mentre, ci ha insegnato che, per lui, ciò che conta di più, è essere considerato uguale a tutti gli altri.
Lo abbiamo motivato e rimproverato, ne più ne meno degli altri 24 ragazzini del suo gruppo; abbiamo chiacchierato e ci siamo confrontati con lui dimenticandoci delle sue difficoltà; abbiamo imparato con lui il valore della spontaneità e dell’entusiasmo; abbiamo assistito alla rappresentazione più vera del termine inclusione, osservando come gli altri bambini interagivano con lui durante la giornata e condividevano con lui gioie, preoccupazioni o difficoltà legate alle attività proposte.
Al termine della settimana, tutti, operatori e bambini, eravamo schiavi del mondo di Marco.
Un mondo spettacolare!
Sono onesta nel dire che, probabilmente, se uno dei nostri istruttori non avesse già conosciuto quella famiglia in precedenza, probabilmente, anche la nostra risposta sarebbe stata l’ennesimo No che quella famiglia si sarebbe sentita dire e avremmo fatto un grandissimo sbaglio.
Siamo certi di aver fatto qualche errore con Marco ma siamo anche consapevoli di essere cresciuti tanto da questa esperienza meravigliosa ed inaspettata che, oggi, siamo felici di aver vissuto e di poter raccontare.
Nella foto allegata c’è Marco, ma non vi indicheremo chi è, perché non importa sapere chi è ma cos’è: Marco è un bambino. Punto.