Revello – Si sta per concludere al tribunale di Cuneo il processo per chiarire le eventuali responsabilità della morte di E.B., l’operaio deceduto il 18 ottobre del 2016 nello stabilimento Energetikambiente per la raccolta dei rifiuti. Dell’incidente sono stati chiamati a rispondere davanti al giudice F.M. e A.M, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e responsabile del sito produttivo; al primo viene contestata una carenza nella documentazione relativa alla valutazione del rischio, mentre al secondo viene contestata la mancanza di organizzazione del lavoro all’interno del cantiere.
Quel pomeriggio E.B. stava aiutando un collega a spostare un cassonetto rotto in un’area del cantiere da cui sarebbe poi stato portato via; per fare questa operazione il cassonetto era stato collocato sul muletto e mentre il collega era alla guida del mezzo, E.B. era salito sulle forche del muletto per tenere il cassonetto. In un tratto in discesa l’operaio perse l’equilibrio, cadde e fu travolto dal muletto. L’operaio alla guida, che non era abilitato alla movimentazione di quel mezzo ha patteggiato la propria pena. Dall’istruttoria è emerso che in quel cantiere solo una persona era stata formata, e quindi abilitata ad utilizzare il muletto.
“Per frenare – ha riferito l’operaio in aula – occorreva pigiare con molta forza e a lungo sul freno. So che lo usavano altri colleghi perché lo trovavo parcheggiato in posti diversi da dove lo avevo lasciato io”.
Nella requisitoria finale l’accusa ha sottolineato il fatto che alla guida del carrello ci fosse un operaio non formato e non a conoscenza del fatto che occorresse frenare con forza per fermarlo. “Se alla guida del muletto ci fosse stato in operaio esperto – ha detto il pubblico ministero – l’incidente non si sarebbe verificato”.
Secondo l’accusa, quindi, a fronte del fatto che quell’operazione veniva svolta anche da altri operai e che quindi non era fuori dalla norma, il datore di lavoro avrebbe dovuto predisporre, nel documento di valutazione del rischio, un accesso preciso alle chiavi del muletto e l’identificazione di chi lo usava, mentre al responsabile della struttura competeva una chiara istruzione sull’utilizzo del carrello; per questi motivi ne ha chiesto la condanna a un anno di reclusione con i benefici di legge.
La difesa di F.M. invece ha ribadito che la formazione per lavorare in sicurezza era stata fornita a tutti gli operai e se qualcuno trasgrediva quelle norme avrebbe dovuto essere segnalato dal capocantiere o dall’addetto al muletto. Una tesi ribadita dalla difesa di A.M. che ha sottolineato il fatto che le chiavi del muletto erano nell’ufficio del capocantiere e che l’operaio alla guida aveva compiuto un atto abnorme ponendosi alla guida di un mezzo che sapeva di non poter guidare. Per questo entrambe le difese hanno chiesto l’assoluzione per insussistenza del fatto e in subordine il riconoscimento delle attenuanti stante l’avvenuto risarcimento per i parenti della vittima.
L’udienza è stata rinviata al 16 settembre per le repliche e la sentenza.