“La guerra mette a nudo i protagonisti” dice nell’introduzione l’autore Marco Dalla Torre. E della ritirata in Russia nel secondo conflitto mondiale due protagonisti vedono le loro sorti strettamente congiunte. Nuto Revelli faceva parte della 46^ Compagnia del Battaglione Tirano comandata dal capitano Grandi. Di ambedue la guerra mette in luce il loro carattere umano e la loro totale dedizione ai propri soldati.
L’albero genealogico di Giuseppe Grandi, nato a Limone nel 1914, è un’evidente professione di fede mazziniana e garibaldina. Il nonno Taddeo infatti fu volontario agli ordini di Nino Bixio e per i figli scelse nomi che parlano da sé: Ciro Menotti, Giuseppe Mazzini, Anita Garibaldi. Anche per il nipote Giuseppe Grandi questa eredità risorgimentale viene suggellata con l’aggiunta di un secondo nome, Garibaldi, appunto.
Il libro di Dalla Torre ripercorre la biografia del capitano Grandi che da Limone si trasferisce a Firenze dove compie gli studi e si appassiona all’arte e allo sport entrando a far parte negli anni Trenta della “Pattuglia sci veloce” della scuola militare di Aosta.
Lo scoppio della guerra mette in secondo piano le sue imprese alpinistiche. Le prime operazioni sono sul fronte occidentale, ma arriva il luglio 1942, il momento della partenza per la Russia. Nel viaggio di trasferimento ha nostalgia delle montagne: “Il terreno qui è vergognosamente piatto, spero solo di arrivare presto a vedere un po’ di montagna”, scrive ai genitori.
Nuto Revelli annota “per fortuna arrivò il tenente Grandi” che dà un’impostazione diversa ai preparativi: “si liberò, scrive ancora Revelli, di tutte le scartoffie inutili che riguardavano i numero delle spirali di certe molle o raccomandavano l’idrolitina. Si interessò delle scarpe degli alpini”. Tra i due nasce una sincera amicizia e solidarietà fondata su un modo diverso di approcciarsi alla guerra che farà la differenza di lì a poco.
Il libro procede infatti appoggiandosi sia all’epistolario di Grandi sia ai libri di Revelli che più volte cita l’ufficiale come amico e compagno in questa impresa disperata fino all’ultima battaglia, quella di Arnautowo, quando il capitano Grandi viene ferito mortalmente. Si costruisce così la figura di un uomo che unisce alla consapevolezza del dovere, come militare e come ufficiale, una dimensione umana caratteristica di chi ha condiviso l’esperienza drammatica della ritirata.
Il testamento del Capitano Grandi
di Marco Dalla Torre
Ares
15 euro