Cuneo – “Briciole. In Piemonte, i finanziamenti del Recovery Plan destinati alla sanità, escludendo le cifre per la messa in sicurezza antisismica e la riqualificazione energetica degli edifici, ammontano a soli 160 milioni, su un totale di 27 miliardi. Lo 0,6% del totale”.
A parlare è Chiara Rivetti, 47 anni, medico ospedaliero al Dea di Chieri, che è la segretaria regionale dell’Anaao Assomed, il sindacato che rappresenta la maggior parte dei medici della sanità pubblica. Dopo aver reso noto il dato di quanti medici hanno abbandonato la sanità pubblica per il privato, prende di mira il Recovery Plan in questo momento così delicato a cavallo tra l’emergenza della pandemia e il lento ritorno a una normalità che in sanità è molto diversa dal pre-Covid.
“I progetti proposti sono stati pochissimi, – continua la Rivetti – 22 sanitari su 1.200 complessivi. E derivano da una consultazione fatta dalla Regione ai Comuni: le proposte sono slegate le une dalle altre, risolvono problemi locali senza avere un progetto d’insieme. Risultano una lista dei desideri, non una riforma della sanità. L’investimento nella sanità ospedaliera è marginale anche a livello nazionale, seppur maggiore di quello regionale: prevalgono i fondi per gli adeguamenti strutturali e tecnologici. Ci si chiede se un ospedale vetusto di 50 anni, come è la grande maggioranza dei nostri ospedali, diventa capace di migliorare quantità e qualità della assistenza solo perché messo in condizione di reggere a eventuali terremoti”.
E poi per il sindacato c’è bisogno di una revisione del sistema sanitario regionale, “una revisione – aggiunge la Rivetti – che il Covid ha dimostrato essere necessaria, andrebbe valutata in modo ponderato. Studiando le esperienze, ascoltando i rappresentanti dei lavoratori, la conferenza dei sindaci, aprendo una schietta discussione. E invece ecco la proposta di Cirio e Icardi di creare l’ una Azienda Zero una super Asl con una deriva verticistica, slegata dai territori e lontana dai bisogni di salute dei cittadini”.