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Venerdì 22 novembre 2024

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La banda dei ladri di gioielli, il processo si chiude con un’assoluzione

Assolto il presunto quarto esponente della banda che nel 2016 mise a segno a Savigliano e Sanremo due furti per un valore di centinaia di migliaia di euro. A capo della banda Leonardo Notabartolo, autore di un furto da 100 milioni di euro ad Anversa

La Guida - La banda dei ladri di gioielli, il processo si chiude con un’assoluzione

Cuneo – Si è concluso a Cuneo il processo al presunto quarto esponente della banda che nel 2016 mise a segno a Savigliano e a Sanremo due furti di gioielli e denaro per un valore di centinaia di migliaia di euro. A capo della banda c’era Leonardo Notarbartolo, l’autore del furto da 100 milioni di euro al caveau del World Diamond Center di Anversa nel 2003; lui fu arrestato e scontò la pena di 6 anni, ma il bottino non fu mai trovato.

Gli obiettivi della banda, di cui facevano parte anche i fratelli Stefano e Donato Aliano erano i rappresentanti di gioielli. Dopo essere stati arrestati, i tre patteggiarono la loro pena, mentre il presunto quarto componente della banda, Antonio Defeudis, scelse il rito ordinario. Il primo colpo venne messo a segno a gennaio a Savigliano; nel parcheggio davanti ad un autogrill venne svaligiata l’auto di un rappresentante in transito nella nostra provincia che alloggiava a Pianfei.  Dentro c’erano circa 300mila euro di gioielli, assegni per 6mila euro e una pistola. Fu dalla testimonianza di due operai che avevano più volte visto l’auto dei ladri nella zona di Pianfei, che partirono le indagini della procura di Cuneo, coordinate dalla dottoressa Carla Longo. I tre vennero intercettati e pedinati. A febbraio ci fu il secondo colpo a un gioielliere a Sanremo; dentro l’auto c’erano circa 11 chili di preziosi. Gli inquirenti arrivarono in ritardo e per le vie della città si scatenò la caccia ai ladri che nel frattempo avevano trovato rifugio in un garage. Il terzo colpo non riuscì perché la vittima, un commerciante di Pontassieve si accorse di essere pedinato, ma soprattutto aveva scoperto il rilevatore satellitare che sporgeva dal paraurti: era infatti questo il metodo utilizzato dalla banda per controllare i movimenti delle vittime e poter agire nel momento opportuno. Se le immagini delle telecamere stradali e le intercettazioni individuavano con certezza i tre autori materiali dei due furti, sull’identità del quarto componente della banda c’erano forti indizi ma non certezze.

Nella sua requisitoria l’accusa ha considerato provato il coinvolgimento di Defeudis dalle intercettazioni telefoniche l’imputato viene chiamato ‘Toni’ e si parla di affari loschi e resoconti di spostamenti. Inoltre i riscontri antropometrici avrebbero indicato in maniera pressoché certa la presenza di Defeudis insieme al resto della banda e per questo motivo ne è stata chiesta la condanna a 5 anni 3 mesi e 3mila euro di multa. Secondo l’accusa invece gli elementi a carico di Defeudis non erano sufficienti per una condanna, a partire dal fatto che lo stesso Notarbartolo, chiamato a testimoniare, si era espresso in modo dubitativo circa la partecipazione di una quarta persona. In occasione dei due furti la cella che agganciava il suo cellulare era sempre a Torino, secondo la difesa il coinvolgimento di Defeudis risulterebbe solo perché una volta i fratelli Aliano furono visti parlare con lui e un’altra persona. Rilievi accolti dal giudice che ha assolto l’imputato con la formula dubitativa, mentre ha rinviato gli atti alla Procura relativamente alla testimonianza di Notarbartolo.

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